La riscoperta del Liceo Classico

Mancuso, su Repubblica, scrive del Liceo Classico: “Ѐ utile? No. Apre la mente? Nemmeno. Però lo studio del latino e del greco può aiutarci a ricordare chi siamo”. Che al Classico si studino le basi della nostra storia e mentalità è certo, ma che non sia utile e che non apra la mente non è del tutto esatto. “Ma a che servono il greco e il latino? Perché tanto dispendio di energie per studiarli?” si chiede il giornalista. La risposta più plausibile illumina sul fatto che lo studio di tali discipline non solo è propedeutico  alla comprensione delle altre materie, ma sviluppa in modo particolarmente efficace anche la capacità di analisi critica dei problemi – sia di natura pratica che ideologica – che bisogna affrontare quotidianamente.

Oggigiorno è necessario affrontare tematiche scottanti  – quali l’aborto e l’omosessualità – e chi più di uno studente del liceo classico è in grado di rispondere? In un’epoca dove sono diffusi fake news ed allarmismi di ogni genere, bisogna mantenere una fredda lucidità, un consapevole  approccio critico per poter distinguere ciò che è autentico da ciò che non lo è e per poter avere una propria opinione ed indipendenza di pensiero.

Altre discipline, come la matematica o la geometria, sono in grado di fornire soprattutto le basi di un ragionamento soprattutto pratico. Il latino e il greco pongono solide fondamenta affinché dai testi di Cicerone o di Demostene possa esser tratto un insegnamento che, lungi dall’essere sepolto nel passato e dunque mera teoria, sia applicabile anche in età odierna.

“Alla domanda a cosa servono il greco e il latino la risposta più onesta e più convincente è: a nulla”. E qui non si può che dissentire. Osservando la capacità critica di uno studente del liceo classico, è inevitabile notare che tale indirizzo di studi fornisce ai giovani – ed ai futuri adulti – una cultura affatto meramente teorica e non spendibile nel presente, secondo il comune pregiudizio; al contrario, studiando il greco ed il latino – e le relative civiltà – si riceve una formazione ampia, approfondita, duttile, ragionata e che, ergo, non ha nulla da invidiare ad una preparazione più specialistica e tecnica, apparentemente più adeguata alle esigenze della vita moderna. La consuetudine della traduzione di testi di oratoria latina, infatti, sviluppa nei  ragazzi  facoltà espressive particolarmente elevate, certo; ma ciò non fa sì che la peculiarità del liceo classico sia solo di carattere formale. Le capacità critiche di un individuo non sono innate, bensì vengono sviluppate “in itinere”, attraverso studi mirati, volti ad abituare il discente al confronto di diverse civiltà e culture, sostanziate da vari sostrati filosofici, politici, artistici e culturali in senso lato; da ciò scaturisce nell’individuo un eclettismo tale da consentirgli un più consapevole approccio a qualsiasi contesto socio-culturale, politico e similia. È appena il caso di sottolineare che, ovviamente, l’eterogeneità degli stimoli e degli elementi di confronto giova ad una più ampia consapevolezza di sé e della propria identità culturale. Ciò non significa che gli studenti del liceo classico siano superiori ad altri scolari, bensì per abitudine più allenati a vagliare varie tesi affinché il giudizio finale su una qualsivoglia questione non sia influenzato da condizionamenti esterni.

Racconta al Corriere Massimo Cazzulo, grecista e docente al Tito Livio di Milano: “Tradurre un testo classico significa mettere in atto un ragionamento complesso che stimola i processi analitici, sintetici, intuitivi, gnoseologici e che induce a impostare un’ipotesi di lavoro e a sottoporla, poi, a critica per vedere se funziona. Questo spiega perché gli studenti del Classico ottengono risultati eccellenti anche in materie lontane dalla classicità”.

Stando ad una ricerca che ha coinvolto in media 270 mila laureati nel 2015, chi frequenta il Classico non sceglie solo lauree umanistiche, anzi. E Fabiola Giannotti, direttrice del Cern di Ginevra, ne è un rispettabile esempio.

C’è, inoltre, un altro dato interessante che mantiene saldo il nome del Classico: chi lo ha scelto, in settantaquattro casi su cento lo rifarebbe.

C’è qualcosa che muove ancora quei pochi ad iscriversi, remando controcorrente, ed esiste qualcosa di tanto più grande che muove gli ex studenti a prenderne le difese. Affetto, senso di appartenenza, ma soprattutto consapevolezza di sé stessi e di ciò che quella scuola ha insegnato ogni giorno, tra interminabili versioni e complicatissime espressioni.

Il pragmatismo si sta impossessando del nostro quotidiano, ma risulterà essere un banalissimo tentativo se troverà dall’altra parte un valido motivo per arrestarsi.

Cultura, fine capacità di ragionamento, procedure rigorose e scientifiche, conoscenze approfondite: questo e molto altro quello che dona il Liceo Classico, spesso messo in discussione ma mai soppresso.

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