Il fiume carsico della satira a scuola

Inafferrabile come un proclama carbonaro, invisibile ai più come la stampa partigiana, da tempo immemore la satira degli studenti percorre fiumi sotterranei, che ogni tanto emergono per colpire e sparire subito dopo. Ovviamente gli strumenti di oggi non sono bollettini ciclostilati né  foglietti vergati da inchiostri invisibili, ma meme che girano su pagine social, diventando virali tra i ragazzi e restando ammantati di esoterismo tra le vittime inconsapevoli degli attacchi satirici. I professori, di solito. Oppure la scuola come istituzione. I compiti, le interrogazioni, le regole.

Sicilia, dicembre 1982, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. L’Istituto Commerciale “G.B. Ferrigno” di Castelvetrano dà una festa. Ci sono gli immancabili canti di Natale, preparati da un gruppo di ragazzi diretti dalla professoressa di Religione. Quando finiscono, uno degli alunni di seconda posa la chitarra con cui ha appena finito di suonare il pezzo di Fra’ Giuseppe Cionfoli e inforca un paio di occhiali finti, da presbite. Si alza e va al centro del palco per presentare il resto dello spettacolo. È troppo alto, troppo magro e ha troppi capelli. Problemi che in futuro risolverà, tutti. Quando inizia a parlare, con la voce di Mike Bongiorno, è contento perché vede che gli riesce benino e tutti sorridono. Studenti, professori, perfino la preside. Il suo compito è quello di introdurre altri ragazzi, che imiteranno a loro volta. Ma non i personaggi della televisione: imiteranno i professori. Venerati, temuti e ascoltati tutto l’anno, adesso vengono presi in giro. Comincia un ragazzo dalla voce bassa, che legge un brano dall’Orlando innamorato del Boiardo. Tutti si guardano meravigliati. È identico, non c’è che dire. È la voce del professore di Italiano. E il ragazzo non si ferma alla voce: riproduce, caricandoli quanto basta, i gesti del docente. I suoi intercalari preferiti. Termina il pistolotto tracciando nell’aria un punto interrogativo gigantesco (e tutti in platea a darsi di gomito e a dire “lo fa, lo fa”), chiosando platealmente: “Grosso punto di domanda”.

Viene già il teatro, per gli applausi. Tutti si girano verso il professore preso di mira, ridendo. Lui arrossisce e ride. Meno male, pensano sul palco. Anche perché il prossimo è quello di matematica. Lo imita un ragazzo del quinto. Coraggioso, rischia da morire. Il prof in questione ha fama di essere inesorabile. Ma lo studente va giù duro. La voce non è proprio quella, ma gli somiglia quanto basta. E poi ci sono gli intercalari, i vezzi del prof. Le minacce agli studenti, i rimproveri ricchi di inventiva, ogni volta diversi, ogni volta con metafore e similitudini inaspettate. A fine imitazione c’è in sala un silenzio sospeso, che si scioglie quasi subito. Meno male, ride pure il prof, per una volta. Sul palco si alternano l’emulo di Mike Bongiorno e i suoi sodali. Ognuno di loro rischia grosso perché la fine del quadrimestre è dietro l’angolo. Ma vanno alla grande anche la prof di Geografia, imitata da una ragazzina vivace e spigliata, capace di cogliere ogni impennata e incrinatura di tono della docente. Poi un’altra prof di Italiano, che ha l’abitudine di leggere in piedi intrecciando le gambe, rischiando di cadere. Infine è presa di mira anche la ieratica prof di Religione.

Fonte: ScuolaZoo

Balzo in avanti di trentasei anni. L’imitatore di Mike Bongiorno, quello troppo magro e troppo capelluto, che come avrete capito è l’autore di queste righe, è diventato un professore. Non da tantissimo tempo: insegna a tempo pieno da. Scusate, se scrivo di me in terza persona mi gira la testa.  Dunque, insegno a tempo pieno da cinque anni, dopo una vita professionale spesa come giornalista. Di quella giornata di dicembre del 1982 ho portato sempre con me la consapevolezza di quanto sia importante la satira. Per lo studente che ero, quello è stato il momento in cui le prospettive si sono rovesciate. Grazie a questi Saturnali in cui (quasi) tutto era permesso, ho compreso che solo sorridendo di qualcosa si riesce a prenderla sul serio. Solo riconoscendo e accettando i limiti di una persona si poteva comprendere la sua grandezza. E noi ragazzi dell’82 ci stavamo confrontando con i nostri Maestri, e dunque con la vita. E loro, i nostri Professori, sono stati al nostro fianco. Hanno accettato i nostri tentativi di satira, hanno compreso che dovevamo volare via, con le nostre ali. Ci hanno dato strumenti formidabili, che noi ragazzi dell’82 utilizziamo anche adesso. Ma quel giorno abbiamo compreso che dovevamo superare i nostri Maestri. Grazie a quei Saturnali un po’ improvvisati, tutti quanti ci siamo resi conto che dovevamo seguire la strada che loro ci avevano indicato, generosamente. Erano seduti in cattedra, ma erano donne e uomini appassionati e appassionanti. Qualcuno un po’ meno, ovviamente. Ma noi abbiamo portato sul nostro palcoscenico solo quelli che abbiamo amato di più, quelli che ci hanno davvero insegnato la vita.

Del resto la satira serve a questo: a rovesciare la prospettiva, per cogliere quello che non potremmo mai cogliere se non facessimo mai questo salto spericolato.

È intelligente, la satira. Riesce a intelligĕre, dunque a comprendere, come il Fool del King Lear shakespeariano, quello che gli altri, dotati di comprendonio normale, non vedono neanche. E non è violenta, la satira. Chi picchia gli insegnanti, chi incita alla violenza, chi non rispetta l’autorevolezza, non fa satira. È solo una persona incapace di orientarsi nel mondo. Di leggerlo, di comprenderlo. È solo ignorante e maleducato.

Per fare satira, invece, ci vuole cultura, sapienza, rispetto. Occorre conoscere il mondo per offrire una versione di mondo alla rovescia. La vera satira si riconosce subito. Anche una persona dotata di comprendonio normale avverte la sua essenza. La discerne senza difficoltà dal banale insulto. È facilissimo: l’insulto puzza di stantio e trascina verso terra. La satira invece ha un suono puro, è trasparente e si impenna. Punta in alto. Nasce dalla testa di Zeus, come Atena. Fa bene a chi la sa esercitare, a chi la sa riconoscere e anche a chi la riceve.

 

Fonte dell’immagine in alto: imgflip.com

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