Nellie Bly, donna e giornalista coraggiosa

Elizabeth Jane Cochrane, la donna che inventò il giornalismo d’inchiesta, nacque il 5 maggio del 1864 in una piccola cittadina della Pennsylvania, negli Stati Uniti d’America. Il padre morì quando lei era ancora piccola, ma grande abbastanza da poter aiutare la madre nella gestione della sua numerosa famiglia. Famiglia certamente un poco fuori dalla norma, poiché la figura femminile era rispettata. A quell’epoca, invece, era radicata la credenza che  le donne non servissero ad altro oltre che a svolgere le faccende domestiche ed essere madri. Elizabeth abbandonò la scuola a sedici anni. Si trasferì a Pittsburgh, portando con sé il sogno di diventare insegnante, ma all’inizio si accontentò di un lavoro che le permettesse di mantenersi.

Un giorno lesse sul  Pittsburgh Dispatch un articolo che la lasciò sconvolta. Il titolo era: “A cosa servono le ragazze?”. Ne rimase così disgustata da scrivere una lettera al direttore del giornale, firmandosi come “una ragazza sola e orfana”. Il direttore rimase così impressionato dai contenuti della lettera e dal modo di scrivere della donna da offrirle un posto al giornale. Elizabeth, ovviamente, non se lo fece ripetere due volte. Dimostrò sin da subito i suoi ideali di difesa e tutela delle donne, scrivendo molti articoli al riguardo. Si firmava con lo pseudonimo di Nellie Bly, nome che verrà spesso usato dalla giornalista nel corso della sua breve ma intensa carriera. Scrisse articoli audaci sui diritti delle donne, denunciando gli stereotipi, i maltrattamenti e le pessime condizioni lavorative a cui erano sottoposte.

Agiva in incognito, mascherandosi, nascondendosi e infiltrandosi in qualunque luogo potesse esserle utile per un suo articolo. Fu una delle prime giornaliste investigative dell’epoca. Inventò inoltre il genere del giornalismo d’inchiesta, agendo spesso sotto copertura. Dopo una serie di articoli si dichiarò scontenta dei suoi risultati: era in cerca di qualcosa di nuovo, di sconvolgente, qualcosa che potesse davvero attirare l’attenzione. Certamente non avrebbe più voluto scrivere di moda e teatro. Ma era delusa perché non riusciva a scrivere più nulla di buono dopo il report investigativo sulla condizione di lavoro delle donne nelle fabbriche. Decise allora di trasferirsi a New York. Trovò presto un posto di lavoro al New York World, il giornale diretto da Joseph Pulitzer. È conosciuta tutt’oggi per aver girato il mondo intero, da sola, in settantadue giorni, nel 1890. Questo fatto fu insolito, perché le donne dell’epoca non diventavano certo famose per imprese del genere.

Ciò che sta all’origine di questa sua avventura è molto interessante e divertente: Joseph Pulitzer, il suo capo, l’aveva sfidata a girare tutto il mondo da sola, ispirandosi al famoso libro Giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne. Pulitzer le disse che se ci fosse riuscita avrebbe fatto pubblicare il suo diario di bordo.

Ma non è quella l’unica grande impresa che riuscì ad affrontare. Poco tempo dopo l’assunzione riuscì ad ottenere un incarico pericoloso ma entusiasmante: insinuarsi all’interno del tenebroso “Women’s Lunatic Asylum” dell’isola di Blackswell, uno dei manicomi più famosi dell’epoca, sotto le spoglie di una donna mentalmente disturbata. Dopo giorni e giorni di pratica, Elizabeth imparò a farsi credere pazza.  Inscenò un attacco isterico presso una pensione e riuscì a far chiamare la polizia. Davanti al giudice finse di non ricordarsi assolutamente nulla; venne dunque richiesta una consulenza psichiatrica, ma la reporter riuscì a recitare così bene da farsi dichiarare pazza anche da uno specialista.  

Fu internata nel manicomio per indagare sui racconti macabri che si raccontavano su quella struttura. Molti avevano parlato di torture terribili e delle pessime condizioni in cui vivevano le pazienti. Nessuno però aveva mai ammesso nulla, o aveva mai indagato sul caso. Elizabeth ebbe la grande opportunità di pubblicare un’inchiesta che divenne celebre. 

Più che un compito da reporter la sua fu una missione da spia. Dimostrò di essere una donna veramente coraggiosa. Le condizioni del manicomio erano drammatiche, il cibo immangiabile, l’acqua sporca e l’edificio gremito di ratti. Secondo la reporter, la struttura ospitava almeno il doppio delle donne che era in grado di contenere. Le pazienti considerate pericolose venivano legate; altre pazienti venivano invece abbandonate in solitudine e lasciate a morire di freddo, coperte solo da abiti molto leggeri, senza muoversi né parlare per tutto il giorno.

Tra le torture più frequenti vi erano le secchiate di acqua gelida in testa. Le povere donne venivano picchiate, sgridate pesantemente e insultate, talvolta abusate sessualmente dagli infermieri. Elizabeth fece amicizia con alcune e si rese conto che molte di loro non erano affatto malate, ma solo povere donne, spesso emarginate dalle proprie famiglie o dalla società. Dopo dieci giorni di permanenza la giornalista venne salvata dal suo avvocato, con il quale si era messa d’accordo per infiltrarsi nel manicomio. Le sue prime dichiarazioni furono: “È facile entrare, ma una volta lì è impossibile uscire”. Ha rischiato la propria vita per abbattere il sistema e cambiare tutto.

Elizabeth raccontò questa terribile esperienza in un libro, Ten days in a mad-house. Dopo la pubblicazione dell’articolo e del libro fu istituita un’inchiesta sulle condizioni a Blackwell’s Island: furono aumentati i fondi per i disabili mentali e fu instaurata una procedura per far ricoverare solo persone realmente malate.

Elizabeth dedicò la sua vita a difendere i diritti del gentil sesso. Dimostrò che per la donna non ci sono limiti, tranne quelli che gli vengono imposti da una società cieca. Morì a soli 57 anni, il 27 gennaio del 1922, a New York, per una polmonite. Poche settimane prima della sua scomparsa, dichiarò: “Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò”. Nel 1998 fu inserita nel National Women’s Hall of Fame. Rimane un modello per le donne di ogni generazione, che da lei imparano ad affrontare la vita con più coraggio. Donne come lei cambiano il mondo.                

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