Thaler e il suo Treno: un romanzo senza verbi

I giorni di tirannia del verbo sono giunti al termine, poiché lo scrittore francese Michel Thaler ha deciso di ribellarsi a quello che lui stesso definisce “invasore, dittatore, usurpatore della letteratura”.

Ancora più incriminanti sono le sue dichiarazioni nella prefazione del suo libro Le Train De Nulle Part, (Il treno da nessun dove) dove non solo afferma che il verbo è un’erbaccia nel giardino delle parole ma che, come il peggiore dei parassiti, va estirpato per poter permettere alle altri parti del discorso di fiorire. Ecco cosa scrive nella prefazione:

“A tutti i feroci nemici del verbo, adepti incondizionati del presente assoluto. A tutti i partigiani della decolonizzazione dello scritto e della messa a morte o, in modo più accettabile, della messa in silenzio e dell’esclusione del verbo. (…) A tutti i seguaci di questa nuova area: gente marginale alla ricerca di un reale rinnovamento della scrittura, acrobati della modernità, trapezisti dell’immagine abbandonata e del sentimento poetico assoluto (…).

Intolleranze simili non sono nuove tra le penne degli scrittori, un esempio virtuoso è sicuramente il romanzo La scomparsa, di Georges Perec, scritto interamente senza l’utilizzo della lettera “e”. Questa particolare composizione chiamata Lipogramma viene usata sin dall’antichità, dei poeti più rinomati. Ecco qualche esempio illustre:

 Nestore di Laranda (III secolo d.C.) e Trifiodoro (III secolo d.C.), che rielaborarono, in forma di lipogramma, rispettivamente lIliade e l’Odissea. A essi va aggiunto il grammatico Fabio Planciade Fulgenzio (V-VI secolo d.C.), autore di un De aetatibus mundi et hominis. In ogni canto non veniva usata la lettera corrispondente nell’ordine alfabetico.

All’interno del libro Le Train De Nulle Part (233 pagine) la narrazione priva di verbi prosegue sotto forma di flusso di pensieri, in un “presente assoluto” che giustappone immagini, ricordi, riflessioni, in una lingua caotica che fa largo uso di espressioni idiomatiche, frasi gergali, neoformazioni, giochi di parole. Michel Thaler, laureato in letteratura francese, non considera affatto il suo sforzo letterario un esercizio di stile per battere qualche record o invocare una qualche primogenitura. Con l’uscita del libro, egli volle celebrare all’Università della Sorbona il “funerale del verbo”, durante una presentazione-happening con oltre trecento invitati e con figuranti vestiti a lutto in marcia dietro un carro funebre tirato da un cavallo. La polizia interruppe il corteo per “minaccia all’ordine pubblico”.

Il libro purtroppo non ha visto ampia diffusione fuori dalla Francia per via della lingua ricca di gergalismi, neologismi, espressioni popolari e per la natura stessa del testo. Non esiste dunque neanche una traduzione ufficiale in italiano del romanzo, se non poche e frammentate traduzioni amatoriali ad opera di appassionati della lingua. Una di queste è quella del blog Popinga, che è riuscito a tradurre l’ incipit del racconto concentrandosi sul senso e lasciando in secondo piano la forma. Ecco un esempio del testo:

Che pacchia! Un posto libero, o quasi, in questo scompartimento. Una sosta provvisoria, perché no! Allora, il mio nuovo indirizzo su questo treno da nessun dove: vettura 12, 3° scompartimento nel senso di marcia. Ancora una volta, perché no?

Buongiorno, Signore e Signori! Un pezzo di viaggio con voi! O forse no! Per tutto l’intero percorso, almeno il mio!

A queste parole di circostanza, in piena armonia con la situazione, una malmostosa profumata sul volgare, a cavalcioni sul suo asino da monta di servizio, l’occhio migratore, le labbra tagliate per altri itinerari, le mani grassottelle dalle puzze d’acqua dei piatti, il sorriso scatologico: insomma, tutto un programma!

E con la sua voce da pozzo nero in azione:

– Purtroppo, niente posto là in alto, neanche vicino alla mia valigia, per i vostri bagagli!

Per i miei bagagli? Ma per quali bagagli?
E lei, il ghigno immediato all’acqua di cazzata, le guance a forma di trippe di tacchino già sgualcite per raddoppio di pieghe, la mano destra sgarbatamente sotto il mento:
– Sì! Eh! Per i vostri bagagli! He!
Che idea, Signora! I miei bagagli? Tutto nella mia testa e nel mio cuore, e il resto al diavolo!
Allora, l’idiota come una sotto-sciampista imbellettata in pieno nitrito:
– Al diavolo, he! Al diavolo! I vostri bagagli al diavolo, eh! Impossibile dei bagagli al diavolo, eh! Ancora una cosa da pazzi, eh!
Che spettacolo deprimente, questa creatura nitrente!

All’improvviso, nella mia testa, come un gusto di rigurgito gastrico! Ma troppo tardi per un altruista ideale come me!

D’altra parte, da parte mia, come un cretino, un irresistibile bisogno di giustificazione davanti a questa baldracca volgare fino all’esaurimento! Perché, tra di noi, una foca di questo genere in un letto, che scenetta triste! Quanto al mio bisogno di giustificazione: normale! Come sempre con gli imbecilli!

Interessante, no? La prova di traduzione in italiano continua sul già citato blog di Popinga, che come sottotitolo ha scelto “Scienza e letteratura: terribilis est locus iste”. Buona lettura.

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