L’infibulazione, un’atrocità da fermare

Tutto ciò che ci distingue l’uno dall’altro è l’unicità del nostro essere, dei nostri usi, delle nostre culture. La cultura di un individuo, di un popolo è tutto ciò che rende positivamente anomalo un modo di pensare, di fare. La nostra cultura, quindi, ci caratterizza e ci conduce al di fuori dell’ordinario.

Quando però una cultura è ingiusta nei confronti di un individuo all’interno della comunità, tutto smette di trasmettere valori positivi. Certi culti ci appaiono perciò inaccettabili. L’infibulazione, ad esempio, è una pratica fortemente legata alla tradizione e alla cultura del Paese al quale appartiene, ma non ha una natura religiosa, come si è falsamente portati a credere. Questa usanza viene spesso attribuita, erroneamente, al Corano e alla religione islamica.

L’infibulazione ha origine in Egitto, in alcune zone occupate da ortodossi e cattolici, nel Corno d’Africa, in Eritrea, in Etiopia, in Niger.

E’ una pratica non legata a una religione, dunque, ma all’ignoranza: a regole inaccettabili secondo le quali le donne devono essere sottomesse, piegate, assoggettate dall’uomo.
L’infibulazione infatti permette il controllo: della fedeltà da parte del marito e della verginità da parte del padre. La donna è sempre vittima di questa terribile usanza.
Ma in che cosa consiste l’infibulazione?
Nella mutilazione genitale femminile, ovvero nell’asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali, con cauterizzazione (una bruciatura effettuata mediante un cauterio, strumento chirurgico per eseguire bruciature a livello terapeutico, per eliminare delle imperfezioni o escrescenze cutanee, come le verruche o piccoli tumori).

A questa prima parte segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Questa “operazione chirurgica” non rispetta alcuna norma di igiene, a rischio e pericolo delle bambine, che spesso sono addirittura neonate. Non viene eseguita nessuna anestesia e vengono utilizzati strumenti inadatti. La percentuale di morte dovuta a questa usanza barbarica è molto alta.

Nel mondo circa 130 milioni di donne hanno subito questo trattamento. Le bambine mutilate ogni anno sono circa 3 milioni. In alcuni Paesi, come la Somalia, il Sudan e l’Egitto, la percentuale di donne, ragazze e bambine mutilate supera l’80%, in Kenia e in Nigeria si scende al 26-50% e in Camerun, Niger e Iraq si raggiunge il 10%. Il problema certamente non è confinato all’Africa: anche in Asia, in America Latina, in Europa e nel Nord America sono 500mila le donne che hanno subito delle mutilazioni genitali.

Fonte immagine: TPI

L’infibulazione viene praticata per eliminare la possibilità per la donna di provare piacere nel rapporto sessuale, mentre invece, si aumenta il piacere maschile. Inoltre in molte culture si sostiene che la pratica accresca la fertilità e diminuisca la percentuale di avere delle malattie. Ovviamente non è così: non solo fa male alla salute aumentando il rischio di contrarre delle malattie, ma è molto spesso la causa della morte di molte donne e bambine. I problemi più significativi si riscontrano durante il parto, che oltre a diventare estremamente doloroso, più di quanto lo sia normalmente, può essere la causa fondamentale di danni gravissimi e irreparabili, come la rottura dell’utero, che porta alla morte certa della madre e del nascituro.

I rapporti sessuali diventano anch’essi estremamente dolorosi. Altre difficoltà che possono presentarsi sono le cistiti, la ritenzione urinaria e le infezioni vaginali. Il problema però non si limita alla salute fisica, ma mina anche l’integrità psichica della donna.

I tipi di mutilazioni si diversificano fra di loro e si può stilare una piccola classifica in base alla gravità e all’atrocità della pratica. Per ultima abbiamo la circoncisione, che riguarda l’asportazione, parziale o totale, del clitoride. In seguito c’è l’escissione, in cui si asportano, assieme al clitoride, le piccole labbra. La più feroce, infine, è l’infibulazione o circoncisione faraonica, con cui vengono asportati clitoride, piccole labbra e parte o delle grandi labbra.
In un articolo pubblicato dalla testata online TPI, una donna, Sarah Ahmed ha raccontato le testimonianze di alcune sue amiche e parenti che hanno subito le mutilazioni dei genitali. Sarah viene dall’Egitto, dove in realtà questa pratica è ormai illegale dal 2008, anche se questo non ferma l’uso di questo rito. In Egitto la pratica della purificazione viene chiamata tahruha, che significa “l’hanno purificata”, ovvero infibulata. Un giorno Sara venne a sapere che una sua amica era stata purificata e cominciò a chiedere ripetutamente e impazientemente ai suoi genitori perché lei non poteva essere purificata come il resto delle sue amiche e delle donne nella sua famiglia e invece doveva rimanere sporca. Parlò con una sua amica, Hanane, che le raccontò che fu proprio la nonna a praticare quell’abominevole rito su di lei, per privarla di una parte del suo corpo, le disse che fare sesso per lei era una tortura. Un altro giorno parlò con una sua parente, Samira, che si domandava come mai a lei non era toccata la sua stessa sorte crudele. Samira le raccontò la brutalità di quell’atto – “Io non volevo, sono corsa fuori di casa per non farmi fare niente. Altre bambine mi avevano detto che faceva un male atroce. Poi mamma mi ha detto di non preoccuparmi perché lo faceva per il mio bene, per preservare il mio onore. Ho passato giorni senza riuscire a muovermi. Lì sotto mi bruciava tutto“. Con il tempo Sara si rese conto che provare ciò che le sue amiche e le sue parenti avevano provato, sarebbe stato troppo atroce e doloroso e che come loro avrebbe gridato e gridato. Tutt’oggi ringrazia i suoi genitori per averla salvata dal suo doloroso destino.

Le povere grida, che supplicano pietà, pregando che tutto ciò finisca, giungono fino in Italia. Anche qui ci sono molte donne che hanno subito una mutilazione e il rischio che se ne aggiungano altre è sempre più elevato. Nel nostro Paese la pratica dell’infibulazione è considerata un reato gravissimo e, negli ultimi anni, il Ministero della Salute ha attuato delle campagne di prevenzione e formazione sul tema sia per gli abitanti italiani, sia per quelli stranieri, che provengono da Paesi dove l’infibulazione è un’usanza. Anche nelle strutture sanitarie si sono diffuse queste campagne di prevenzione, poiché si ritrovano molte volte ad accogliere delle donne mutilate, spesso incinta. Così come negli ospedali, anche nelle scuole si fa molta attenzione a questa problematica e si ha come obiettivo principale proteggere le bambine dal loro, fortunatamente non più certo, destino.
Il 6 febbraio in tutto il mondo si celebra la giornata mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili. Questa giornata ha lo scopo di rompere un silenzio, un silenzio che nessuno mai ha avuto il coraggio di rompere; di far percepire a tutti il dolore che provano ogni giorno le bambine o le donne, che vivono nel ricordo di una vergognosa violazione nei loro confronti. Ricordiamo anche tutte quelle donne divenute vittime delle mutilazioni, donne che non hanno fatto in tempo a ribellarsi, perché troppo piccole, troppo fragili, impotenti.
Adesso tocca a noi decidere che segno lasciare.

Fonte immagine di copertina: www.littlegenius.school

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