L’odio non può mai fermare l’odio

Il clima di odio seguito al ventennio fascista ha generato una spirale di violenza che ha mietuto molte vittime. Emblematica la storia di Norma Cossetto, uccisa a 23 anni nel 1943, presa di mira perché donna.

Nata il 17 Maggio del 1920 a Santa Domenica di Visinada, Norma Cossetto viveva con la sua famiglia – di possidenti fascisti – a Visignano, prima di spostarsi altrove per i suoi studi. Il padre Giuseppe, dirigente locale del Partito Nazionale Fascista, ricoprì per molto tempo l’incarico di segretario politico del Fascio locale e di commissario governativo delle Casse Rurali; fu anche Podestà di Visinada. Nel 1943 gli venne attribuito il titolo di ufficiale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e, a causa dei fatti avvenuti l’8 settembre, fu trasferito presso il Comando della Milizia di Trieste. 

Norma Cossetto si diplomò nel 1939 presso il Regio Liceo “Vittorio Emanuele III” di Gorizia. Dopo essersi iscritta In seguito all’Università di Padova, aderì ai Gruppi Universitari Fascisti di Pola, in Croazia. Nel 1941 cominciò ad alternare lo studio a supplenze scolastiche a Pisino e a Parenzo. “Istria Rossa” era il titolo da lei attribuito alla propria tesi di laurea – che stava preparando nel 1943 – con riferimento alla terra dell’Istria, ricca di bauxite. Il professore di geografia Arrigo Lorenzi, la accompagnò nello sviluppo della tesi. Norma consultò gli archivi che trovava in giro per l’Istria, visitò canoniche e municipi, viaggiando con la propria bici.

Le terribili peripezie cominciarono l’8 settembre dello stesso anno, allorché la famiglia della giovane, che al momento dei fatti aveva 23 anni, cominciò a ricevere minacce, anche armate. Il 25 settembre del ’43, diciassette giorni esatti dopo la capitolazione dell’Italia e il disfacimento dell’esercito, una compagnia di partigiani titini, agevolati dall’aiuto di partigiani comunisti italiani, approfittando del generale disordine, irruppero nella casa del podestà di Visinada, Giuseppe Cossetto. Licia, la sorella della giovane Norma, ci racconta alcuni macabri dettagli dell’avvenimento: “Ci hanno portato via tutto. Si sono presi anche le divise di papà, che in seguito hanno indossato cucendoci sopra la stella rossa! Una volta hanno anche sparato in casa. La mamma era terrorizzata e anche noi ragazze. Tuttavia, Norma era un po’ più ottimista e sperava che tutto questo disordine, anche morale, si dissolvesse presto”.

Norma Cossetto

Il giorno successivo, il 26 settembre, Giorgio, un giovane partigiano, si recò a casa della famiglia Cossetto, convocando Norma presso il Comando partigiano nell’ex caserma dei Carabinieri di Visignano. Tale comando era composto da partigiani comunisti, sia italiani che slavi. Durante questa forma di assemblea, la ragazza venne interrogata e le fu poi richiesto di entrare nel movimento partigiano, ma rifiutò.  A quel punto Norma fu rilasciata, ma il giorno seguente, il 27 settembre, fu arrestata dai partigiani, assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici, tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Alda Riosa, Maria Valenti, Umberto Zotter. I prigionieri furono tutti confinati nella ex caserma della Guardia di Finanza, a Parenzo.

Qui Norma fu raggiunta dalla sorella Licia, che tentò inutilmente di ottenerne il rilascio. Qualche giorno dopo, Visinada venne occupata dai tedeschi e i partigiani, sentendosi fortemente minacciati, trasferirono tutti i prigionieri nella scuola di Antignana trasformata in prigione, trasportandoli per mezzo di un autocarro. Nella scuola di Antignana, Norma venne separata dagli altri prigionieri, ma il peggio avvenne tra il primo e il 4 ottobre, quando Norma, dopo essere stata legata a un tavolo, venne sottoposta a sevizie e stuprata dai suoi carcerieri. Secondo alcune testimonianze gli uomini erano 17. L’episodio della violenza carnale fu poi riferito da una donna – che abitava proprio davanti all’ex caserma – attirata da gemiti e lamenti e che, appena buio, avvicinatasi alle imposte socchiuse vide Norma legata al tavolo.  Durante la notte del 4 e 5 ottobre, assieme agli altri ventisei prigionieri, legati col fil di ferro, Norma fu costretta a spostarsi a piedi fino a Villa Suranim dove, assieme ad altri prigionieri ancora vivi, fu gettata nella foiba lì vicina, come un corpo senza vita.

Ma l’abominio non terminò, poiché Norma e le altre donne, prima di essere uccise, furono nuovamente sottoposte ad atroci violenze. I ricordi e le testimonianze della sorella di Norma, Licia, ci forniscono, ancora una volta, importanti e terrificanti particolari: “Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome. Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva delle ferite di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei. La sera, poi, ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”.

Poco tempo dopo, anche la sorella Licia – arrestata e rilasciata dopo un lungo interrogatorio, ha raccontato: “Mi prelevarono un pomeriggio. Erano persone del posto. Mi portarono presso la scuola di Castellier, per interrogarmi. Volevano sapere dove fosse mio padre e altre notizie sulla nostra famiglia, inoltre insistevano perché io aderissi alla loro causa. Al mio rifiuto mi riaccompagnarono a casa, sempre sotto scorta, e mi dissero che mi avrebbero ripresa al più presto”. Quando il padre Giuseppe Cossetto venne a conoscenza dell’arresto della figlia, si aggregò ad un reparto della Milizia di Trieste e rientrò in paese. A questo punto, cominciò a fare domande sulla sorte della figlia finché, a sua volta, il 7 ottobre 1943, insieme ad un parente, Mario Bellini, anch’esso della Milizia, fu ucciso a coltellate a Castellier-Santa Domenica, da un partigiano. I due corpi furono gettati in una foiba qualche giorno dopo.

Dopo l’occupazione tedesca dell’Istria, il 10 dicembre 1943, i vigili del fuoco di Pola, guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, ritrovarono il corpo di Norma nella foiba. Arnaldo Harzarich dichiarò la propria “certezza che anche negli ultimi istanti le ragazze avessero dovuto lottare contro la brutalità dei partigiani”. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d’arma da taglio e altrettante ne riscontrò sui cadaveri degli altri. Dopo la denuncia da parte della sorella Licia, i soldati tedeschi catturarono sedici dei suoi assassini e li costrinsero a passare la notte in piedi vegliando la salma di Norma, prima di essere fucilati all’alba del giorno successivo. Il cadavere di Norma fu composto nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Santa Domenica. Norma riposa tuttora, assieme al padre, nel cimitero di Santa Domenica di Visinada. In onore della giovane ragazza, nel 1944, a Trieste, nacque il gruppo d’azione femminile “Norma Cossetto”, un corpo paramilitare femminile della Repubblica Sociale Italiana.

L’8 febbraio 2005, l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha insignito Norma Cossetto della Medaglia d’ oro al merito civile.  Il 10 febbraio 2011, l’Università degli Studi di Padova e Il Comune di Padova, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, hanno scoperto nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’ (sede del Rettorato e della Facoltà di Giurisprudenza) una targa commemorativa della morte di Norma Cossetto e della laurea honoris causa lei attribuita. Il Comune di Narni (Terni) nel luglio 2011 ha dato il suo nome ad una via, come pure il Comune di Bolzano, il 22 ottobre 2012.

“Per tutte le violenze consumate su di lei,

per tutte le umiliazioni che ha subito

per il suo corpo che avete sfruttato,

per la sua intelligenza che avete calpestato,

per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,

per la libertà che le avete negato,

per la bocca che le avete tappato,

per le sue ali che avete tarpato,

per tutto questo:

in piedi, signori, davanti ad una Donna!”

(William Jean Bertozzo)

Con questa poesia, da donna, ci tenevo a ringraziare, onorare e ricordare tutte quelle donne che hanno lasciato un segno, donne senza le quali ora io non potrei avere tanta libertà, vivere nel mondo in cui vivo (anche se ovviamente ancora in pieno sviluppo). Le donne che nomino sono quelle qui sotto elencate.

Marie Curie
Rosa Parks
Malala Yousafzai

Marie Curie, celebre scienziata; Rita Levi Montalcini, anch’essa celebre nel campo scientifico; Giovanna D’Arco, simbolo di libertà e di giustizia; Madre Teresa,  molto importante nel campo religioso; Margaret Thatcher, la “Lady di ferro” che ha fatto la storia; Malala Yousafzai, giovane che ha combattuto per i diritti riguardanti l’istruzione; Lady D, la “principessa triste” che è stata una delle reali più amate dal popolo inglese anche per il suo costante impegno nelle cause umanitarie – dalla lotta all’AIDS nei paesi in via di sviluppo alle mine anti uomo – e che per questo ha lasciato un segno nel cuore dei sudditi; Emmeline Pankhurst, che ha fondato la Women’s Social and Political Union e ha combattuto la battaglia più dura in Occidente per i diritti delle donne. Se oggi le donne godono di una certa libertà è anche per merito suo; Rosa Parks, che ha combattuto per i diritti degli afroamericani tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta; Coco Chanel, che ha fatto la storia della moda, rivoluzionando il concetto di stile ed eleganza e creando tutto dal nulla; Anna Frank, grazie ai cui diari abbiamo una testimonianza di valore storico inestimabile sull’operato del nazismo e della follia umana. La lista potrebbe andare avanti all’infinito. Se alcune non sono menzionate, aiutate anche voi a ricordare, fate sentire che il riconoscimento verso queste donne è molto forte, perché è così. Grazie alle donne.

4 commenti su “L’odio non può mai fermare l’odio”

  1. A. Nepita ha scritto:

    Unite siamo ancora più forti, di un potere favorevole e provvidenziale, non deleterio. Il riconoscimento per le figure femminili che hanno fatto la storia, poi, è necessario al fine di ricordare a chi non crede in noi che possiamo fare ciò che vogliamo, che l’abbiamo già fatto in passato e che continueremo a riuscirci in futuro. Grazie per le tue parole Ali, come al solito ti sei dimostrata di forti ideali.

    1. Alice Ceccarelli ha scritto:

      Sì, hai ragione. Dobbiamo continuare a dimostrare che i nostri diritti non hanno un potere effimero e propugnare la nostra completa emancipazione. Avere ideali forti è il principio per combattere e rimanere saldi di fronte a qualsiasi pregiudizio.

  2. Alessandro Lombardi ha scritto:

    Hai tanto in te! Continua così, Alice cara…sei brava.

    1. Alice Ceccarelli ha scritto:

      Grazie mille!

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