Giovani e politica: le ragioni di una partecipazione mancata

Quante volte abbiamo sentito un adulto dire che “i giovani sono pigri”, o che “quei dannati telefonini li stanno rovinando”? Beh, tali affermazioni potrebbero non essere così errate. Ma è veramente tutta nostra la colpa?

Di solito, chi fa questi commenti pensa che le nuove generazioni non siano più attive e impattanti sulla società come lo erano quelle di un tempo. E in effetti è così: è innegabile che moltissimi giovani non seguano attivamente la politica e che non ci siano più movimenti giovanili come quelli cantati dai cantautori degli anni Settanta e Ottanta. Ma di chi è la colpa? Forse dei genitori, che allevano degli scansafatiche o che soffocano i figli, impedendo loro di avere un ruolo rilevante nella vita pubblica. Ad oggi in Italia non esiste un partito politico che parli seriamente di giovani, e neppure politiche che favoriscano il loro ingresso nel mondo del lavoro o che garantiscano loro un futuro.

Il Palazzo di Montecitorio. Fonte immagine: Wikipedia

Non a caso nelle ultime elezioni nazionali, quelle del 4 marzo 2018, il 40,9% dei giovani ha dichiarato, in un sondaggio dell’Istituto Toniolo, di essersi recato alle urne senza una solida convinzione. Il 22,2% si è trovato a scegliere alla fine il “meno peggio” e il 18,7% a votare soprattutto per non far prevalere altre forze politiche considerate dannose per il Paese. I ragazzi di oggi non sono rappresentati in politica, e non è facile creare un proprio partito nell’Italia di oggi, visto che a contare sono solo le generazioni precedenti. Per queste ragioni accusare noi per la nostra mancata rappresentanza in Parlamento è alquanto ipocrita.

Studentesse del Liceo “Pertini” alla manifestazione #Fridaysforfuture

Fridays For Future è la prova che esiste una consapevolezza collettiva fra le generazioni attuali e che la voglia di farsi sentire c’è. Ma anche una manifestazione globale per una causa che riguarda tutto il pianeta per qualcuno non è abbastanza: le critiche, mosse da personaggi di un’altra epoca, come Vittorio Feltri e Andrea Scanzi, fanno notare l’inutilità della manifestazione, “l’impreparazione” dei manifestanti e la banalità dell’evento. Qualcuno, come Diego Fusaro, è giunto addirittura a paragonare Greta Thunberg a rivoluzionari (violenti) come Che Guevara. Insomma, di certo il clima che circonda noi giovani illusi e pigroni non è dei più stimolanti o accoglienti. Dunque è comprensibile la repulsione dei ragazzi per l’ambiente politico italiano.

Tuttavia è lecito porsi una domanda: come mai stiamo dando per scontato che i giovani non debbano lottare per avere voce in capitolo, proprio come successe durante i magici decenni della fine del secolo scorso? In effetti aspettarsi la strada spianata è un po’ troppo, ma forse abbiamo puntato troppo sul fatto che una società migliore rispetto al passato (o almeno così dovrebbe essere) dovrebbe garantire i diritti fondamentali.

Un altro elemento che porta all’inazione è il fatto che i giovani sono più propensi a condividere le visioni politiche dei propri genitori piuttosto che a ribellarsi: quando si è disinteressati alla politica è più facile aderire vagamente a un’idea che già si conosce piuttosto che sviluppare un pensiero proprio, che sarebbe solitamente ribelle e antitetico rispetto a quello dei genitori in quanto partorito durante la gioventù.

Questo allontana la nostra generazione dalla tendenza allo scontro. Ma noi non siamo solo vittime dell’educazione o dell’impenetrabilità del mondo della politica, ne siamo parzialmente complici: questa situazione non è ancora stata presa in considerazione da nessuno dei nostri, nessuno sembra avere intenzione di fare qualcosa per portare alla nostra generazione l’attenzione che merita. In effetti finora abbiamo peccato di superficialità. Dopotutto siamo quelli che invece di fare occupazione fanno la settimana fuoriclasse e nessuno sembra preoccupato del fatto che nascere in Italia significhi necessariamente cercare una carriera all’estero; che la politica non faccia niente per risolvere la disoccupazione giovanile e che stiano cambiando in peggio la scuola sotto il nostro naso. Tendiamo al virtuale, alla televisione, ai social, ai videogiochi. In generale siamo figli della rivoluzione tecnologica digitale, il che non è assolutamente un fattore negativo che ci rende “meno importanti” o “meno forti” delle altre generazioni, ma sicuramente distoglie la nostra attenzione dal mondo reale, e se ne stanno approfittando. Dovremmo trasformare la rete nel nostro punto di forza, dimostrare che chi si sta perdendo qualcosa sono loro e che una nostra conciliazione con la politica non è solo possibile, ma è necessaria al progresso.

Vorrei concludere con dei link a dei video su YouTube che trattano l’argomento: la doppia video intervista di Antonio Dikele Distefano di Esse Magazine a Enrico Mentana e Mahmood, divisa in due episodi, che tratta svariati temi ma è prima di tutto un confronto generazionale (https://www.youtube.com/watch?v=JXF1vkuKTlA parte 1;
https://www.youtube.com/watch?v=m-2gnYTxrJQ parte due) ; il discorso di Umberto Galimberti “Il disagio giovanile nell’età del nichilismo” (https://www.youtube.com/watch?v=0dDk-UfKfGM&t=333s ); e per finire con una nota di positività e leggerezza, la canzone di Giancane Vecchi di merda (https://www.youtube.com/watch?v=1WZH1m6j91g ).

2 commenti su “Giovani e politica: le ragioni di una partecipazione mancata”

  1. dodo > Rivista di politiche per la gioventù ha scritto:

    Ciao Valerio!
    Abbiamo citato il tuo post nel prossimo numero di Dodo (https://www.eurodesk.it/dodo): spero non ti dispiaccia.
    Potrai leggere l’articolo in cui sei citato registrandoti (gratuitamente) per ricevere la rivista.
    Cordiali saluti.
    Redazione di
    dodo > Rivista di politiche per la gioventù

    1. Valerio Timo ha scritto:

      Ciao!
      Grazie per avermi informato, non c’è nessun problema nel citare il mio articolo.

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