La storia di Sahar, suicida per protesta in Iran

Sahar Khodayari nasce nel 1990 e muore il 9 settembre del 2019. Muore per una partita di pallone. Raccontiamo la sua storia dall’inizio, per comprenderla meglio: Sahar, conosciuta come “la ragazza blu” per l’estremo attaccamento ai colori delle sua squadra del cuore, l’Esteqlal di Tehran, ha scosso gli animi del suo Paese dopo aver ricevuto una pena troppo severa per essere andata allo stadio. E per le donne, in Iran, andare allo stadio è vietato. 

Esattamente dal 1981 le donne non possono partecipare a eventi calcistici, ma neanche tentare di entrare in uno stadio. Lo scorso 12 marzo, Sahar Khodayari decide di usare tutto il suo coraggio e la sua forza di volontà per assecondare la sua passione per il calcio. Tenta l’impossibile: si traveste da uomo e riesce a entrare allo stadio Azadi di Teheran. Le cose si mettono male quando viene individuata e riconosciuta dalle guardie di sicurezza dello stadio e arrestata, con l’accusa di aver violato la proibizione.

Sahar viene trattenuta per tre notti in prigione prima di testimoniare davanti al giudice. Il tribunale la condanna a 6 mesi per “aver commesso apertamente un atto peccaminoso, mostrandosi in pubblico senza il suo hijab” e per “aver insultato le guardie”.

Uscita dal tribunale, Sahar è disperata per la pena che le è stata comminata. Sa che quello che le è successo è inaccettabile, che la proibizione è ingiusta, che le cose dovranno cambiare. Decide di darsi fuoco per protesta. Viene soccorsa e portata in ospedale, dove morirà una settimana dopo.

La ragazza, vittima della legge suo stesso Paese a soli 29 anni, ha lasciato un’impronta importante nella storia della lotta per i diritti umani, e delle donne in particolare. Perché quando viene violato il diritto di un singolo si sfregiano i diritti di tutti. 

La speranza è che il sacrificio di Sahar non sia vano. A cambiare le cose, del resto, sono gli atti di coraggio. E qualcosa probabilmente è cambiato davvero: per la partita di qualificazione ai Mondiali di calcio tra Iran e Cambogia, lo scorso 10 ottobre, oltre 3mila biglietti sono stati riservati alle donne, che dopo 40 anni di divieto sono potute tornare allo stadio, benché in un settore riservato a loro.

Le donne iraniane allo stadio per la partita Iran Cambogia. Fonte immagine: https://sport.sky.it/ ©Getty Images

Non è ancora il caso di cantare vittoria, ma parafrasando Neil Armstrong, potremmo dire che “un piccolo passo per una donna è un grande passo per l’umanità”.

In Italia molte associazioni sportive hanno protestato contro la punizione inflitta a Sahar e si sono “colorate di blu” in suo onore. Anche il Ladispoli, nel suo piccolo, ha tributato un omaggio a questa ragazza, indossando una maglietta con il suo nome in una partita amichevole . 

Adesso sta a noi donne lottare per i nostri diritti. Perché se non noi per prime, chi?

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