Social e privacy. Il Grande Fratello ci sta guardando?

“ll vecchio George Orwell aveva capito tutto, ma al rovescio. Il Grande Fratello non ci osserva. Il Grande Fratello canta e balla. Tira fuori conigli dal cappello. Il Grande Fratello si dà da fare per tenere viva la tua attenzione in ogni singolo istante di veglia. Fa in modo che tu possa sempre distrarti. Che sia completamente assorbito”.  Ninna Nanna, Chuck Palahniuk

Negli ultimi anni, tra gli articoli di cronaca nera spiccano quelli che riguardano le agevolazioni statali per assicurare sempre più una salda sicurezza nazionale per i propri cittadini. Si utilizzano sistemi di videosorveglianza per le strade, sui mezzi di trasporto o negli esercizi commerciali, per il monitoraggio acustico degli ambienti esterni e interni, per intercettare chiamate e messaggi telefonici. 

Mark Zuckerberg, CEO di Facebook

Ma questi sistemi di sicurezza hanno davvero come unico obiettivo quello della prevenzione delle azioni criminali oppure in alcuni casi vi possono essere dei secondi interessi che riguardano proprio noi comuni cittadini?

Un esempio possono essere le cosiddette “Aziende della sorveglianza, ovvero delle aziende che, grazie agli affari stabiliti con governi, forze dell’ordine e servizi segreti, offrono varie tecnologie in grado intercettare telefoni e computer, sistemi biometrici di identificazione, soluzioni per sorvegliare i social network. 

Nel 2001 la Privacy International, che da anni denuncia gravissime violazioni dei diritti umani eseguite proprio attraverso queste tecnologie, creò la Surveillance Industry Index, un database accessibile a tutti, in cui sono mappate 528 società della sorveglianza che operano in Paesi che vanno dagli Stati Uniti alla Francia, Inghilterra e Italia (Roma, Milano, Torino etc.). Tra queste ci sono Hacking Team, Innova, Ips, Area Spa.

Fonte immagine: Biljana Jovanovic su Pixabay

Un altro esempio è quello dello scandalo del 2014 e che travolse Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, per avere praticamente ceduto dati dei propri utenti alla società britannica Strategic Communication Laboratories e, in particolare, alla divisione Cambridge Analytica, che si occupava delle analisi dei dati personali degli utenti a scopi politici per utilizzarli in chiave elettorale sui social network, cercando di influenzare il voto. Zuckerberg venne accusato di aver saputo da tempo dell’illecito travaso di dati.

Dunque, dal momento in cui l’arma di spionaggio più diretta sembrerebbe essere proprio quella del Phone Monitoring – quindi dei nostri messaggi, delle nostre chiamate e soprattutto dei nostri social network – fino a che punto dovremmo sentirci in “pericolo”?

Certo, da un lato, essendo immersi in una generazione “fast” che si affida alla tecnologia per ottenere risultati sempre più immediati, potremmo trovare quasi comodo il fatto di ritrovarci subito tra le pubblicità di Instagram – mentre scorriamo le stories dei nostri amici – proprio quella del prezzo più conveniente per il volo di Budapest, dopo aver passato ore di interminabili ricerche su Google, oppure quella delle nuove Dr. Martens che avevamo appena chiesto ai nostri genitori su Whatsapp per Natale o, addirittura, quella per scaricare l’ultimo Battle Royale a cui il nostro compagno di banco, tra una lezione e un’altra, ci aveva appena detto di aver giocato la sera scorsa. 

D’altro lato, il modo in cui il nostro telefono ci suggerisce tali pubblicità o ricerche potrebbe indurci proprio a comprare qualcosa che in realtà non ci serve, influenzare le nostre opinioni riguardo un certo evento, personaggio pubblico o addirittura le nostre opinioni politiche, condividere fake news e contribuire alle disinformazioni.  

“Significa lasciarsi imboccare, ed è peggio che lasciarsi spiare. Nessuno deve più preoccuparsi di sapere che cosa gli passa per la testa, visto che a riempirtela in continuazione ci pensa già il mondo. Se tutti quanti ci ritroviamo con l’immaginazione atrofizzata, nessuno costituirà mai una minaccia per il mondo”, ci ricorda ancora Chuck Palahniuk. Significherebbe dunque, che al costo di sacrificare i nostri dati personali e il diritto alla privacy promesso, i piani alti ricorrerebbero alla tecnologia più sofisticata pur di veder arricchire le proprie aspirazioni di tipo economico e politico? 

Quel che sappiamo per certo è che questo stato di cose significa, in primo luogo, una vera e propria violazione del diritto alla nostra privacy, proprio a causa di un semplice aggeggio tecnologico che dovremmo, al contrario, poter utilizzare liberamente per rendere pubblici sui social network i nostri pensieri, le nostre fotografie ed i nostri hobby. Con tempi e modalità che dobbiamo decidere solo noi. 

Voi cosa ne pensate?

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