Il bestiario di Graziano Ottaviani

Chi può dire cosa precisamente il contatto diretto con la natura generi in noi, e cosa essa, in un mondo in cui la separazione tra città e campagna si fa sempre più netta e dolorosa, realmente rappresenti per il genere umano? C’è chi la percepisce come una piacevole location per gite fuori porta, chi come un bene da proteggere, chi (purtroppo) come una terra di nessuno in cui potersi sfogare, ma pochi la riescono a vivere. Uno di questi “pochi” è senz’altro Graziano Ottaviani, che alla natura in tutte le sue manifestazioni ha dedicato e dedica la sua vita lavorativa e la sua passione, l’arte.

Originario di Tivoli, il disegno – racconta al nostro giornale – l’ha sempre avuto dentro: ha cominciato ad approfondire presto, a sei anni, quando copiava i classici animali domestici stampati su un poster nell’aula della sua classe. La passione per l’arte (non unicamente il disegno, ma anche la pittura e la scultura) lo porterà ad iscriversi all’Istituto d’Arte e infine all’Accademia di Belle Arti.

Graziano Ottaviani

Parallelamente, Graziano conosceva la natura, e subito con esperienze “forti”: il padre, appassionato di caccia, lo portava spesso con sé nei boschi (grazie a lui ha imparato, ad esempio, a riconoscere gli uccelli anche in volo). L’amore innato per quel mondo lo porta successivamente ad aborrire la caccia e a considerarla ingiusta, anche dopo un evento traumatico: alla prima volta con in mano il fucile, colpisce in pieno un uccello, maciullandolo. La vista di quell’animale senza vita, ammette, lo ha segnato.

La passione per la natura e la vocazione artistica trovano un’unione negli anni dell’Accademia: inizia a dipingere animali in tutti i modi possibili ma con un tratto comune, l’immedesimazione in loro. Dipinge addirittura, ispirandosi a Rembrandt, un cinghiale macellato, in cui, ricorda, si sentì messo a nudo: quell’opera, ci spiega, rappresentava il suo sentirsi inadeguato in una società materialista, consumistica, senza valori, una società che, sempre più pericolosamente, violenta e deturpa la natura, quella natura che è fonte inesauribile di ispirazione artistica.

Il regno del Gipeto (Gipaetus barbatus)

Ed è proprio nella natura selvaggia, genuina, incontaminata che Graziano lavorerà negli anni a venire (siamo alla fine degli anni Novanta): quella del Parco Nazionale d’Abruzzo. Inizialmente è un volontario e svolge le mansioni più disparate, poi viene notato come disegnatore, inizia a lavorare come illustratore e realizza dei murali per i musei del Parco: uno dei primi è il Museo degli Insetti di San Sebastiano, in provincia dell’Aquila. È in questo periodo che scopre la declinazione d’arte a lui più vicina, l’arte naturalistica, e in particolare le opere del maestro svedese Lars Jonsson: un’arte che quindi non abbia unicamente una finalità estetica, ma anche divulgativa e che serva a salvaguardare e proteggere il patrimonio naturale.

Garzetta (Egretta garzetta)

Ritrarre gli animali (en plen air, naturalmente, e poi elaborati in studio) diventa uno studio anatomico, sì, ma è anche una rispettosa ma profonda comprensione della vita della natura stessa. Dopo i lavori iniziali, è trasferito nella sezione grafico-artistica del Parco, a Roma, il che gli permette di allestire tutti, o quasi, i musei del Parco.

All’inizio degli anni Duemila si avvicina alla cooperativa “Darwin”, che si occupa di didattica ambientale: un motivo in più per dipingere e per far funzionare le potenzialità eccezionali, che solo l’arte possiede, di trasmettere un messaggio che rimanga bene impresso. Dallo scioglimento della cooperativa nascerà poi D’Art di Massimiliano Lipperi, con cui Graziano  collabora in numerosi allestimenti museali. 

Adagio (Grus grus)

Parallelamente, ha sempre continuato a dipingere per i suoi bisogni, a ritrarre il cuore pulsante della natura: con degli amici storici, è tra i fondatori di Ars et Natura, con cui viaggia più volte in una terra affascinante, la Finlandia, per esplorare le meraviglie naturali dei suoi sterminati parchi. Da quell’esperienza di profonda connessione con la natura è nato un libro, Kuusamontaika (“la magia di Kuusamo”), pubblicato in più lingue, in cui la rarefatta bellezza di quei boschi e la vita indisturbata degli animali che li popolano sono filtrati attraverso la sensibilità personale dell’artista.

Graziano Ottaviani ha di recente esposto le sue ultime creazioni in una mostra a Cerveteri, dove da anni risiede, dal 6 all’8 dicembre. Agli scenari silenziosi e “panoramici” del bosco si accompagnano raffigurazioni di singoli animali e persino fossili e dinosauri, tutto secondo una grande varietà di stili (uno dei suoi modelli è Monet) e di modalità rappresentative, che spaziano dalla decalcomania alla scultura alla rappresentazione pittorica.

Le opere di Graziano Ottaviani, pervase da un amore viscerale e da una profonda consonanza con la natura ei suoi abitanti, c’insegnano a guardare con occhio più attento e con cuore più aperto alla natura stessa.

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