Il Coronavirus, l’Italia, il senso di appartenenza

Fino a qualche tempo fa avrei portato la mano sul petto, cantando a squarciagola l’inno italiano, orgogliosa di essere figlia di uno Stato carico di storia, fiera di abitare in un Paese pregno di cultura, culla di scienziati, artisti e poeti. Oggi invece sento questo senso di appartenenza affievolirsi, schiacciato dal peso di una crisi troppo grande per essere superata senza la coesione di tutti.

Troppo spesso, in questi giorni duri, vedo persone affacciarsi alle finestre e cantare le canzoni di un’Italia che appare molto lontana da quella attuale, concittadini e connazionali che stendono lenzuoli sulle ringhiere dei balconi con scritto “Andrà tutto bene”, hashtag sotto le foto di Facebook e Instagram con “io resto a casa”, ma poi vedo anche le stesse persone uscire quando non necessario.

Italiani che escono di casa ogni giorno a comprarsi le sigarette, quando potrebbero benissimo comprare più pacchetti insieme; italiani che portano a spasso il cane a  trenta chilometri da casa, solo perché sentono l’impellente bisogno di camminare; italiani che si picchiano fuori dai supermercati pur di superare la fila; italiani che organizzano feste nei condomini o che partOno per fare la settimana bianca in Francia perché i nostri impianti sciistici sono stati finalmente chiusi; italiani che non rispettano le regole, italiani a cui non importa del prossimo né della loro patria che invece dovrebbero difendere in quanto “sacro dovere del cittadino(Articolo 52 della Costituzione).

Ladispoli, tricolori ai balconi

Umberto Eco dice: “Qualcuno ha detto che il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie: chi non ha principi morali si avvolge di solito in una bandiera, e i bastardi si richiamano sempre alla purezza della loro razza. L’identità nazionale è l’ultima risorsa dei diseredati.”

Perché patriottismo non significa sventolare una bandiera o cantare una canzone, patriottismo significa vivere secondo coscienza, nel rispetto di chi condivide lo stesso suolo, significa amare una nazione al punto di rinunciare a qualcosa per il bene del proprio Stato.

Ma, per fortuna, in mezzo a tante ipocrisie c’è ancora qualcuno che può dirsi patriottico. Qualche mosca bianca che col suo ronzio incessante ci ricorda che c’è ancora una speranza per il nostro Tricolore.

Medici, infermieri, biologi, carabinieri, poliziotti, sindaci, ministri, politici, professori, studenti e tutti coloro che, come loro, stanno combattendo per l’Italia anche solo restando a casa.

Un palazzo a Cerveteri

Grandi eroi che si schierano in prima linea e chi, nel suo piccolo, fa quello che può semplicemente restando sul divano del proprio salotto: ecco chi sono i veri italiani, ispirati dall’amore per la loro terra. Per tutti gli altri non c’è altro che un’ipocrita apparenza, un futile cameratismo, un conformarsi alla massa; ma nessun sentimento meritevole di lode.

Ma se veramente l’Italia conserva lo spirito che da sempre l’ha contraddistinta, “vincerà l’amor di patria e l’immenso desiderio di gloria” (Virgilio), perché l’Italia siamo noi.

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