Ventisei anni senza Kurt Cobain

Il 5 aprile del 1994 ci lasciava Kurt Cobain. Una morte avvenuta in circostanze misteriose, che cercheremo di ripercorrere insieme grazie a un libro: Il caso Cobain, di Episch Porzioni, edito da Chinaski. L’autore che ha setacciato per anni il mondo del leader dei Nirvana analizzando indizi tralasciati, calligrafie forse contraffatte, impronte mancanti, testimonianze ambigue.

La mattina dell’8 aprile 1994  a Von Levandowski, un ufficiale della polizia di Seattle, viene chiesto di indagare sul ritrovamento di un cadavere in una residenza a Lake Washington Boulevard.

Viene accolto sul posto da un elettricista, autore della scoperta, che conduce il poliziotto nella stanza sopra il garage e gli mostra il corpo. Un ragazzo biondo steso per terra imbraccia un fucile tenendolo stretto tra i piedi, con la canna rivolta verso la testa. È il cadavere di Kurt Cobain. Levandowski verifica l’identità della vittima estraendo la patente dal portafogli accanto al corpo. Il ragazzo indossa una t-shirt nera con caratteri giapponesi stampati sul davanti, scarpe da ginnastica nere, jeans e una camicia sbottonata. Vicino al portafogli c’è una scatola di sigari aperta con dentro: siringa, cotone idrofilo, una sostanza che sembra essere eroina e altri attrezzi per il consumo di stupefacenti. Sparpagliati lì intorno ci sono: un cappello, un paio di occhiali da sole, due tovaglioli, 120 dollari, un pacchetto di sigarette e un accendino.

Alla sinistra del corpo invece: una giacca marrone e una custodia da fucile beige con sopra il bossolo del proiettile usato; l’arma da fuoco è un fucile Remington a 20 pallettoni acquistato regolarmente. Dentro una borsa, a un lato del piede sinistro, viene rinvenuta una scatola di proiettili da fucile da cui ne mancano tre: quelli che sono stati caricati nell’arma. A pochi centimetri dalla pozza di sangue vicino alla testa c’è una lattina di birra aperta e infilzato con una penna sul muro sta un foglio scritto con inchiostro rosso, che, secondo il rapporto di Levandowski, pare essere una nota scritta da Kurt in cui spiega alla figlia e alla moglie le ragioni del suo suicidio. Nelle tasche della vittima ci sono anche un biglietto aereo da L.A. a Seattle, 63 dollari, un’agendina e vari foglietti tra cui uno con su scritto: “Seattle Guns, 145& Lake City”.

Il verdetto del dottor Hartshorne è suicidio.

Kurt Donald Cobain, figlio di Don, di professione meccanico, e Wendy, che ha finito da poco il liceo, nasce il 20 febbraio del 1967. Trascorre un’infanzia serena ad Aberdeen, sotto le amorevoli cure dei parenti. All’età di cinque anni gli viene diagnosticata la sindrome da deficit di attenzione e iperattività e gli viene prescritto il Ritalin, un farmaco neurologico con  effetti del tutto simili alla cocaina. Le statistiche americane sull’uso di droghe pesanti indicano che al 40% dei tossicodipendenti è stato somministrato questo farmaco durante l’infanzia o l’adolescenza.

Dopo il divorzio dei genitori si trova a convivere prima con la madre e il suo nuovo compagno violento, poi col padre e la compagna, e successivamente sotto pressione di lei viene allontanato e sballottato da una casa all’altra. Il giorno del suo quattordicesimo compleanno riceve in regalo da suo zio la sua prima chitarra e inizia prendere lezioni. A sedici fa amicizia con Buzz Osborne che suona nei Melvins: che lo introducono al punk. In questo periodo conosce Krist Novoselic, primo bassista dei Nirvana e fedele amico di Kurt, e mette su un gruppo che prende il nome Nirvana da una trasmissione televisiva. Comincia un’intensa attività concertistica e registra il primo album: Bleach, come la candeggina utilizzata dai tossici per pulire l’ago. In questo periodo inizia infatti a fare uso di eroina come sedativo per dei forti dolori addominali. Nel 1989 il gruppo fa la prima tournée e la loro fama si diffonde. Il loro genere è il grunge, una mescolanza tra punk, metal e pop. Nel 1991 esce Smells like teen spirit e l’album Nevermind, che vende così tanto da eclissare Dangerous, il disco di Micheal Jackson.

Courtney Love, compagna storica di Kurt, entra nella sua vita nel 1990. Secondo alcune teorie, sostenute dal suo stesso padre, sarebbe coinvolta nella morte del marito. È definita da molti come una tossica senza scrupoli disposta a fare a pezzi chi si frappone tra lei e il suo obiettivo, mentre altri affermano che sia una donna che si è fatta da sé e non accetta soprusi da nessuno. Intorno alla fine del 1991 decidono di rendere ufficiale il loro legame. In questo periodo la dipendenza di Kurt inizia a far perdere l’equilibrio alla band. Courtney rimane incinta.

Nel 24 febbraio del del 1992 si uniscono in matrimonio alle Hawaii: tra gli invitati manca il bassista dei Nirvana, Krist Novoselic, polemico con Courtney che usa oppiacei anche in gravidanza. Per un breve periodo la band si scioglie per motivi finanziari. La piccola Frances Bean Cobain nasce il 18 agosto del 1992, ma a causa di uno scandalo la bambina viene prelevata dai servizi sociali fino a quando i genitori non supereranno una serie di test fisici e psicologici.

In un clima di tensione viene prodotto e registrato il disco In Utero. Nel 1993 i due coniugi si trasferiscono a Seattle e assumono come babysitter Michael Cali DeWitt, un giovane con problemi di tossicodipendenza. Il 2 maggio del 1993 Kurt arriva a casa in overdose e Courtney chiama il 991 e gli somministra un mix di sostanze, a detta sua per salvargli la vita; fatto sta che il leader dei Nirvana viene ricoverato in ospedale. A giugno Kurt finisce in carcere per violenza domestica e viene rilasciato su cauzione. L’ultima canzone, You know you’re right, viene registrata il 30 gennaio. Durante l’ultimo tour Kurt viene descritto come depresso e paranoico per l’astinenza.

Va di nuovo in overdose il 29 marzo e si fa ricoverare in una clinica, i cui medici affermano che non manifestava tendenze suicide. Il primo aprile del 1994 Kurt scappa dalla clinica, il giorno dopo arriva a Seattle, alla residenza di Lake Boulevard, dove trova Cali DeWitt e la sua compagna, la mattina del 3 aprile compra le cartucce del fatidico fucile. Secondo il referto dell’autopsia Cobain sarebbe morto il 5 aprile.

Negli stessi giorni Courtney aveva messo un investigatore privato alle calcagna di una certa Moore, nota accalappiatrice di rock star. Il 6 aprile la Love aveva dichiarato di non potersi recare a Seattle personalmente per cercare il marito a causa di degli affari, ma alcuni suoi collaboratori affermano che in quel periodo non aveva nessun affare. Lo stesso giorno Dylan Carlson e Tom Grant (un investigatore) si recano intorno alle due di notte presso la casa, ma non guardano nell’edificio che funge da garage dove si trova Kurt. Fatto piuttosto strano, visto che Dylan conosceva già la casa. I due proseguono le ricerche nei luoghi frequentati di solito da Cobain, ma naturalmente non trovano nulla. Il giorno dopo Courtney chiede a Dylan di recuperare il fucile in uno scompartimento segreto della casa. Sempre accompagnato da Grant scopre una nota lasciata da Cali, che non era presente il giorno prima, in cui lo rimprovera di essere stato in casa senza averglielo fatto notare e di non aver chiamato la moglie. Il che entra in contraddizione con la versione in cui si afferma che i due abbiano parlato. Appare ovvio che qualcuno stia mentendo, ma chi, e perché?

Arriva così l’8 aprile e il ritrovamento del corpo. In meno di tre ore il caso viene etichettato come suicidio. Ma è andata davvero così? L’interrogativo è ancora aperto.

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