La DaD vista dagli studenti. Aspettando la Maturità

Il tempo passa, il periodo passato sui banchi di scuola si allontana, il nuovo, temuto, Esame di Maturità si profila in un non molto lontano orizzonte e il mezzo milione di studenti che quest’anno lo affronterà studia in casa, guidato (pur con tutte le inefficienze e i disagi del caso) dai docenti connessi nella “didattica a distanza” che, con “lockdown”, “mascherina” e “4 maggio” è una delle espressioni-simbolo della situazione attuale. Ma può uno schermo veicolare allo stesso modo le informazioni e i messaggi (non soltanto rigidamente “didattici”) che un professore trasmette ai propri studenti? Può restituire agli ascoltatori (e a chi parla, anche) ciò che provava in una classe, magari anche con il freddo di gennaio o l’afa di settembre? Può sostituire anche la più arida e svogliata delle scolaresche? Ai posteri l’ardua sentenza, anche se la risposta non sembra così difficile da formulare.

Noi di Res Novae abbiamo indagato nell’Istituto, presentando di seguito anche le risposte che ci sembrano più significative. Gli argomenti di cui abbiamo scelto di trattare sono la lontananza dalla scuola e le aspettative per questa nuova modalità d’esame, ma i pensieri dei maturandi spaziano anche ad altri aspetti collegati al problema.

Daniele Sardelli, ad esempio, in una sorta di personalissimo e casalingo Memoriale di Sant’Elena, risponde alla domanda (retorica) che abbiamo posto sopra:

 Giochi, scherzi, ricordi, viaggi concreti ed astratti condivisi con i compagni, amicizie coltivate e mancate, disperazioni davanti ad equazioni e testi da studiare, per non parlare del rapporto con maestri e maestre, professori e professoresse, dalla nostra primavera ai giorni vicini all’età adulta di oggi. Personalmente, aver lasciato definitivamente la scuola in questo modo mi tocca profondamente e mi lascia amarezza, proprio perché in quella realtà ci sono cresciuto; altri preferiscono la ‘’didattica a distanza’’ .

Si può dire che la ‘’didattica a distanza’’ ha messo le toppe ad un qualcosa di irreparabile, ovvero il mancato accesso alla scuola che ci ha portato a studiare a casa, dietro ad uno schermo, senza empatia tra studenti e docenti, i quali, in classe, capiscono solo dallo sguardo dell’alunno se qualcosa non va, se qualche nozione da loro espressa non è ben chiara, mentre con questa didattica, tra una lenta connessione wi-fi, mamma che passa l’aspirapolvere, il fratellino che urla e volti, sugli schermi, sgranati e a volte bloccati in espressioni improponibili, lo sguardo e le emozioni, di conseguenza, sono l’ultima cosa che viene ‘sentita’. Tutto limitato alle nozioni in videolezioni, tutto in un computer e spetta a noi distribuire ciò nel tempo libero nel lockdown nazionale.

Una studentessa sottolinea: mi manca tantissimo la scuola, e ciò comprende i professori, le lezioni, il bar di Giorgia (realtà, questa, che chi negli ultimi tempi ha frequentato l’Istituto non può certo dimenticare); Luca Jannone, invece, è più nostalgico:

Ci hanno sempre raccontato la maturità come il completamento di un percorso formativo e culturale durato 13 anni, escludendo materna ed asilo, come un’esperienza unica che avremmo sempre portato dentro di noi; l’ansia pre-esame, la concentrazione durante il colloquio e la liberazione alla fine di esso. Bene, probabilmente vivremo le stesse emozioni ma in un ambiente ed un contesto completamente diversi. L’esame cui andremo incontro sarà particolare ed unico data la situazione. Il rammarico più grande è quello di aver terminato il nostro percorso all’interno dell’edificio scolastico senza neanche rendercene conto, di non aver assaporato per l’ultima volta tutti quei piccoli gesti che ormai erano routine.

Una studentessa, al contrario, si dichiara non particolarmente “provata” dalla lontananza dei banchi di scuola:

Non mi è dispiaciuto così tanto non andare più a scuola o concludere così bruscamente. La scuola non è poi come dovrebbe essere. Mi è dispiaciuto non poter più vedere la classe e relazionarmi con i professori.

E, sulla “didattica a distanza”, ci dice:

Il fatto di parlare tra schermi mi sembra apatico e inumano e ci porta ad essere ogni giorno più distanti, più di quanto non lo siamo già. Avere questo distacco da tutto e da tutti credo abbia gradualmente anestetizzato le nostre emozioni.

Un altro studente afferma:

Devo dire che inizialmente la lontananza da scuola mi ha aiutato a concentrarmi meglio sullo studio, potendo impiegare come volevo il tempo libero, ma a lungo andare il fatto di non avere un contatto diretto coi professori e di stare sempre a casa mi ha fatto impigrire.

Ma la lontananza da scuola, dalla “quotidianità” cui si è stati sottratti così bruscamente, non è l’unico interesse. Molti analizzano, anche assai criticamente, il modello di esame proposto e una fine di anno scolastico così spiazzante e spesso infruttuosa.

L’incertezza sulla modalità di svolgimento dell’esame preoccupa qualcuno. Una studentessa, ad esempio, scrive:

Molte volte tuttavia mi sono sentita dire dagli adulti ‘non ti lamentare, il problema grosso in questo momento è l’economia del paese’ oppure ‘voi ragazzi ve la spassate a casa’, ‘che sarà mai un esame così’. E invece la situazione è ben diversa. Io personalmente ritengo che ognuno, col proprio ruolo nella società, meriti comprensione e sicuramente attenzione. Parlando da maturanda, questo periodo è stato stressante, soprattutto per quanto riguarda la didattica online e i vari ‘preparativi’ per l’esame. Solamente pochi giorni fa ci hanno veramente comunicato qualcosa sul come si svolgerà la maturità eppure risulta tutto ancora troppo dispersivo. Sono molto agitata per questo esame, e non mi consolano dicendomi che sarà semplificato; non abbiamo certezze e questo è stressante. Comprendo che le comunicazioni provengano ‘dai piani alti’ ma desidererei più dialogo coi professori. È giusto che ci sia un confine tra i professori e gli alunni, ma in una situazione così delicata questo confine potrebbe assottigliarsi. E non mi riferisco alla didattica, bensì al dialogo e alle rassicurazioni. È necessario, a mio parere, che quelle poche certezze che i professori hanno vengano comunicate chiaramente agli alunni e ci sia un maggior dialogo, per riuscire a rasserenarci tutti.

Qualcun altro, invece, è molto severo con l’enigmatica prova che avrà inizio a giugno:

Credo che la situazione non sia stata affrontata con le dovute considerazioni.

Si è tentato di salvare a tutti i costi un esame che a mio parere già da tempo non permette agli studenti di mettere alla prova le proprie capacità. Per non parlare del fatto che un percorso di cinque anni non può essere condensato in tre prove e nonostante l’attribuzione dei crediti, l’esame di maturità si rende ancora protagonista di numerose ingiustizie.

E anche quest’anno sono state prese per me decisioni inutili e poco stimolanti per noi studenti.

A livello pratico trovo insensato il costante rimando al PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) che è oggetto d’esame, per il semplice fatto che nelle scuole non è fatto a dovere. Delle attività da me svolte nel corso del triennio, nessuna mi ha mai dato un’idea di come funzioni effettivamente il mondo del lavoro né ho acquisito skills di effettiva utilità.

La questione che riguarda cittadinanza e costituzione è ancora più complessa.

Portarla all’esame per me è fondamentale ma si rivela anche essa una decisione inutile dal momento che non si fanno ore consistenti di educazione civica nel corso dell’anno scolastico. Nella maggior parte dei casi al maturando viene dato un fascicolo da studiare e lì finisce la storia: lo studente non diventa un cittadino consapevole, è solo stanco e impara tutto a memoria. Quei pochi che hanno il tempo e la voglia, forse, approfondiranno: ma non è dovere della scuola quello di garantire l’inserimento consapevole dello studente nella società?

L’esame si prospetta, a partire dalle indicazioni fornite, un colloquio estremamente faticoso e, cosa peggiore, poco interessante e poco stimolante.

Ho paura che nonostante le indicazioni si tratterà di un esame di forma e non di contenuti.

La situazione è decisamente molto stressante soprattutto dopo mesi passati a casa. Credo che in un periodo del genere sarebbe stato più piacevole ed interessante fare più letture critiche, analizzare la situazione economica/sanitaria/sociale attuale con le cause e le possibili conseguenze. Non sarebbe stato più interessante favorire dibattiti e dare la possibilità di confrontarsi, dedicando ovviamente il giusto tempo al completamento del programma ministeriale ma stimolando anche le capacità critiche di ognuno di noi?

Un altro ancora rivela i propri timori:

Per quanto riguarda l’esame non mi aspetto nulla di buono, penso che non farò un esame  brillante, sia per il fatto che le modalità di svolgimento sono state oscure fino a un paio di giorni fa, sia perché questa situazione un po’ anomala mi ha tolto la voglia di fare.

Qualcun altro è deluso dai tentennamenti del Ministero:

Sinceramente dopo tutto ciò che è accaduto, non ho più aspettative. Già il fatto che la ministra ad oggi ancora non abbia detto, in modo definitivo, come si svolgerà questo esame, lascia tanto a desiderare. È ovvio che sia difficile anche per lei, però pensare che altri paesi, non poi così lontani da noi, abbiano preso una decisione in merito alla scuola e agli esami già a marzo… Spero solo che questo esame si possa svolgere nella più totale tranquillità e sicurezza.

Fonte immagine: Pixabay

Luca Giordano, invece, da fine antropologo dilettante, studia il “rito” della maturità e il “mito” che ne è derivato:

È difficile, in questo contesto, pensare ad una maturità, che poco ha a che fare con quella che noi conosciamo. È l’argomento più dibattuto nel corso dei cinque anni scolastici. Conosciamo a memoria ogni suo piccolo dettaglio, anche quello più particolare. Ogni anno, con i primi soli estivi, si ripete come se fosse un rito. Un rito che ha le sue regole, i suoi passaggi, i suoi tempi immutati. È la certezza di ogni studente, che sa che prima o poi dovrà affrontare, in un modo o nell’altro, con la consapevolezza che lei non cambia. È lei, che sentiamo nostra, come se l’avessimo già affrontata in un’altra vita. Un dogma intoccabile, dinanzi al quale, tutt’al più, siamo noi a mutare forma. E se è vero che noi siamo cresciuti con questa certezza, oggi non possiamo dirci certi di una prova che ha forse le somiglianze di una maturità. A ridosso dell’esame, dopo anni e anni di prove, di compiti e di esercitazioni, crolla l’unica certezza a cui abbiamo dato corpo e anima. E, allora, qual è il vero problema? Se lo studente cresce con una certezza che può esser semplicemente annichilita da un virus, siamo sicuri che il vero problema sia il virus? E se fosse esso un capro espiatorio per colpe che non vogliamo assumerci? Si studia un argomento perché servirà all’esame, si studia quel capitolo perché può esser collegato con un’altra materia, si studia quella pagina perché viene chiesta dai commissari. Non è forse vero che viene data eccessiva importanza a una prova? Non siamo, dunque, cresciuti con l’ansia di dover fare un esame? Perché non si studia pensando al presente o per un semplice arricchimento personale? Avere la possibilità di poter dire di star studiando perché quell’autore è affascinante e non perché capiterà alla maturità. È sbagliato il metodo. È sbagliato il concetto di scuola. Si studia per conoscere nozioni. La scuola non cresce più un individuo valorizzandolo in tutti i suoi aspetti. La scuola cresce persone a cui impartire pillole di studio come se fossero computer da riempire allo stesso livello. L’alunno, come il professore, è diventato un numero che se non raggiunge un numero stabilito di requisiti viene automaticamente messo fuori. Non si dialoga più, non si sviluppa uno spirito critico nel ragazzo né tantomeno si sviluppano le doti del singolo: si arriva a quella che oggi possiamo definire un’omologazione di massa. La scuola non può dare la certezza di un qualcosa che di certo non ha nulla. In maniera ipocrita si insegna che di certezze non ne esistono, al tempo stesso, però, ci nutriamo di certezze intoccabili. Sarebbe troppo semplicistico ridurre il tutto a un’abolizione della maturità. È importante dare a questo esame il giusto peso che merita. Bisogna crescere, ma, non al fine di superare una prova. Si dovrebbe essere capaci, al termine di un percorso formativo, di affrontare qualsiasi tipo di prova, persino quella più sconosciuta. L’alunno, essendo stato istruito per arricchirsi e crearsi una base solida, deve essere in grado di fronteggiare ogni forma di ostacolo e non deve essere istruito per superare quell’ostacolo in particolare. È piuttosto banale e controproducente. E questo discorso non vuole avere le forme di un’argomentazione lapalissiana. Se ritengo importante sottolineare questo aspetto è perché si è generato un clima di terrore dinanzi a una maturità di cui, è vero, che non conosciamo pressoché nulla, ma di cui non dovremmo in ogni caso temere nulla. Si è entrati nel panico in quanto tutto è repentinamente e radicalmente cambiato. Gli anni passati a studiare, di colpo, sembrano esser svaniti nel nulla. Inutili. Allora abbiamo sbagliato qualcosa in tutto ciò. Abbiamo sbagliato come studenti, come scuola e come società. Se la scuola ti deve preparare ad una certezza, abbiamo dunque fallito.

Benedetta De Carolis ci lascia un commosso “addio” alle aule scolastiche:

Il 2020 per me, come per tanti altri studenti, sarebbe dovuto essere un anno speciale, la chiusura di un lungo percorso e l’inizio di un altro, altrettanto importante.

Personalmente, in questi anni, fatti di alti e bassi, ho sempre creduto che il raggiungimento dell’esame di maturità avrebbe rappresentato per me un traguardo importante, prima che un trampolino di lancio, e che per questo motivo dovesse essere festeggiato, amato, ma prima ancora atteso con ansia, sofferto, temuto. A causa della situazione di emergenza che il nostro paese, come tanti altri, sta affrontando da due mesi a questa parte, sento che mi sia stato tolto qualcosa, in veste di studentessa, compagna, persona: l’odore dei banchi di scuola, l’emozione prima di una prova scritta, l’insonnia della notte prima. E, in conclusione, l’abbraccio con i miei compagni, un tuffo in mare e qualche lacrima di gioia e malinconia allo stesso tempo. Sì, perché, anche se non è stato facile emotivamente per me affrontare determinate situazioni scolastiche, sento che proprio quelle mi abbiano formata più di altre e che, quei banchi, quei compagni di classe, per me abbiano rappresentato una seconda casa. Da un giorno all’altro, la scuola è stata chiusa e senza nemmeno accorgercene in un attimo tutta l’Italia. Non sono neppure riuscita a salutare le mie care collaboratrici scolastiche, punti di riferimento per me, ma che sicuramente, appena sarà possibile, tornerò a salutare. Devo dire che nonostante le varie difficoltà ad accedere alla didattica online, a non avere momenti di svago perché chiusi in casa, almeno per quanto riguarda la mia classe, ognuno ha cercato di adeguarsi e non ha assolutamente preso la situazione come una ‘vacanzetta’, anzi, tutt’altro. Insieme ai docenti abbiamo fatto tutto il possibile per terminare dignitosamente l’anno scolastico. Detto ciò, i festeggiamenti sono solo rimandati a data da destinarsi, quando usciremo da questa pandemia e potremo finalmente tornare ad abbracciarci.

Fonte immagine di copertina: StartupStockPhotos, Pixabay

Un commento su “La DaD vista dagli studenti. Aspettando la Maturità”

  1. Paola Lubrani ha scritto:

    Cari ragazzi, vi leggo commossa ed ammirata.
    Q
    La “vostra” maturità la state provando giorno dopo giorno. State dimostrando, semmai ce ne fosse bisogno, di essere adulti e riuscire sapientemente a miscelare emozioni e nozioni per poi agire,questo un adulto dovrebbe essere. Lo siete nonostante siate spesso circondati da adulti adolescenti, in preda ad emozioni che non sanno controllare e non riescono ad essere punti di riferimento.
    Questo articolo è una ricchezza per chi legge e per ha scritto. Io ne faccio tesoro. FATELO anche voi, che il vostro mi sembra un gran bel l’inizio. 🤗

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