Il Natale, sempre attuale, di Charles Dickens

Accade, alle volte, che un libro, un quadro o una storia diventino il simbolo di un momento o, addirittura, di un evento; tali forme d’espressione contengono i messaggi più profondi e più nobili di ciò che rappresentano, quali, ad esempio, la speranza, la comprensione e la consapevolezza del fatto che nessuno, in fondo, dovrebbe mai sentirsi solo. Simili valori andrebbero sempre ricordati, specie in un momento come quello attuale, in cui, parafrasando Brecht, le forze scemano e sembra che il nemico sia divenuto più forte che mai. Tra gli autori che maggiormente rappresentano il periodo natalizio, occupa, senz’altro, una posizione di rilievo Charles Dickens, con il suo Canto di Natale. Il romanzo si focalizza su una storia nota universalmente a tutti: un ricco anziano di nome Ebenezer Scrooge – noto per l’avarizia che lo contraddistingue – riceve nel cuore della notte della vigilia di Natale, la visita del proprio socio, deceduto anni addietro, che gli si presenta in forma di spirito, preannunciandogli l’arrivo imminente di tre anime, che illustreranno all’anziano rispettivamente il Natale passato, quello presente e quello venturo.

La bellezza del romanzo poggia sui nobili valori cui richiama e su cui si fonda: Dickens ritrae la società a lui contemporanea – mai troppo lontana da quella odierna – con i suoi pregi e i suoi difetti, soffermandosi su due aspetti che risultano sempre attuali, la convivenza socio-morale con gli altri e il cambiamento del soggetto intimamente infelice. Il primo aspetto coincide, in fondo, con la consapevolezza del fatto che ognuno svolge un ruolo essenziale nella vita di qualcun altro; capita, infatti, nel corso della vita, di sentirsi sopraffatti e, addirittura, sperduti, in relazione alle circostanze. Di volta in volta, pertanto, si ricopre sia il ruolo di chi si è smarrito, sia quello di guida che infonde all’altro leggerezza, la quale – ci ricorda Calvino – “non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. Tutto ciò, d’altra parte, è comprensibile se ci si relaziona con la realtà, mantenendo un approccio maturo, profondo e fondato sulla capacità di riconoscere che nessuno basta a sé stesso.

Il secondo aspetto, invece, riguarda il cambiamento, nella sua natura più intrinseca, il quale, forse più di ogni altra qualità, è sempre attuale e, pertanto, contemporaneo ad ogni epoca, che di volta in volta muta, per necessità, in meglio o in peggio. In conclusione, niente è più eloquente di un estratto dalla Strofa I, in cui il nipote di Scrooge esterna all’animo, ancora tetro, dello zio una breve riflessione sul Natale e su ciò che esso rappresenta per lui:

“[…] io ho tenuto sempre il giorno di Natale, quando è tornato – lasciando stare il rispetto dovuto al suo sacro nome, se si può lasciarlo stare – come un bel giorno, un giorno in cui ci si vuol bene, si fa la carità, si perdona e ci si spassa: il solo giorno del calendario, in cui uomini e donne per mutuo accordo pare che aprano il cuore e pensino alla povera gente come a compagni di viaggio verso la tomba e non già come ad un’altra razza di creature avviata per altri sentieri. Epperò, zio, benché non mi abbia mai cacciato in tasca la croce di un soldo, io credo che il Natale m’abbia fatto del bene e me ne farà.”

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