Il modus operandi dei serial killer

Il “serial killer” (autore di omicidi in serie) è colui che solitamente uccide tre o più vittime, in luoghi diversi e con un periodo di “intervallo emotivo” (cooling off time) fra un omicidio e l’altro. In ciascun evento delittuoso il soggetto può uccidere più di una vittima, può colpire senza criterio oppure sceglierla accuratamente. Esistono molte categorie di serial killer: essi si differenziano non soltanto per il movente che li porta a compiere il delitto o per la scelta delle vittime, ma anche per le modalità esecutive con cui agiscono. Nella mente del serial killer infatti possono esistere differenti tipologie di disturbi e deviazioni dai quali sono spinti al delitto. Le diverse modalità di azione degli omicida seriali, vengono classificate in base al livello di pianificazione degli atti criminali. Infatti la pianificazione può essere totale, assente, parziale o mista. Nei casi in cui non sia organizzato nessun piano, gli aggressori selezionano le proprie vittime istintivamente, come se fossero delle “prede”, percependo la loro vulnerabilità attraverso particolari comportamenti, specialmente il modo di camminare e la postura.

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Arrivarono a questa conclusione due sociologi, Betty Grayson e Morris Stein, nel 1981 che a New York condussero un importante esperimento riguardante la natura dei serial killer. Fecero visionare a un gruppo di detenuti, reclusi per vari crimini violenti, il filmato di una videocamera che riprendeva un marciapiede trafficato della città. I carcerati dovevano classificare i pedoni attribuendo un punteggio da 1 a 10 in base a quello che valutavano essere il livello di difficoltà in un eventuale agguato nei loro confronti. Con grande sorpresa degli studiosi, per individuare le vittime ideali i detenuti impiegavano pochissimi secondi, ed elementi come il sesso, l’etnia o l’età dei passanti non risultavano determinanti. Al contrario lo erano la lunghezza e la velocità del passo, la coordinazione degli arti e altri segnali corporei. 

In questo esperimento, le persone classificate dai criminali come meno vulnerabili camminavano in modo disinvolto, avanzando con passi energici e ben proporzionali alla loro altezza. Al contrario, passi troppo lunghi o troppo corti attiravano l’attenzione degli aggressori.

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Per evitare dunque spiacevoli incontri, è consigliabile camminare mantenendo la stessa velocità o al massimo un po’ più rapidamente rispetto agli altri pedoni. Una camminata eccessivamente rapida potrebbe indicare, infatti, nervosismo. Mentre si cammina, si dovrebbe inoltre evitare di barcollare, mantenendo un’andatura dritta e sicura, sincronizzando il movimento degli arti e non trascinando i piedi. Questi movimenti scomposti possono segnalare smarrimento o eventuali problemi fisici che gli aggressori riescono facilmente a captare. La postura è fondamentale: mento in su, schiena dritta e spalle indietro comunicano sicurezza, mentre tenere la testa china e camminare curvi portano a un maggiore rischio.

Bisognerebbe poi guardarsi intorno con naturalezza in modo da “dominare” l’ambiente circostante e notare in anticipo persone sospette. Paradossalmente, persino guardare in faccia il potenziale aggressore potrebbe proteggerci. I criminali di solito selezionano vittime distratte, sferrando agguati a colpo sicuro ed evitando così di essere scoperti. Per questo, un ultimo consiglio utile da parte degli esperti a chi ascolta musica, è quello di regolare il volume delle cuffie in modo tale da riuscire a sentire i suoni intorno a sé, evitando di perdere contatto con la realtà e rimanendo pronti ad anticipare le mosse dell’eventuale aggressore.

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