L’idea di Giustizia attraverso i secoli

Se cerchiamo la parola “giustizia” sul dizionario, troveremo che è una “Virtù che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui, attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge” (Treccani). In realtà il concetto di giustizia è variato molto nei secoli, e continua tutt’oggi a variare.

Secondo la mitologia greca, la dea della giustizia per eccellenza era Dike, figlia di Temi e Zeus, e anche una delle tre Ore, ovvero di quelle tre divinità sorelle che, tra i loro compiti, avevano anche quello di portare l’ordine tra gli uomini e far rispettare le leggi morali. Dike aveva il dovere di diffondere la giustizia e far conoscere le virtù agli uomini. Durante l’età dell’oro, dove regnava sovrano Crono (Saturno per i romani), la dea viveva pacificamente sulla Terra assieme all’uomo, che non aveva ancora conosciuto la fatica del lavoro, ma era in costante armonia con la terra e il dio: un’epoca felice. Ma con la venuta del regno di Zeus, si passò all’età del ferro, e iniziò la fatica. Inorridita dalla crudeltà che gli uomini avevano sviluppato, Dike scappò, lasciando i mortali per andare in cielo, dove formò la costellazione della Vergine.

Dike e Nemesi in un dipinto di Pierre Paul Prud’hon del 1808 – Web Gallery of Art. Info about artwork, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1171064

La Vergine, secondo Virgilio, sarebbe tornata solo quando sarebbe nato un “puer”, un bambino speciale, che avrebbe purificato e riportato l’umanità all’età di Saturno.  Con l’avvento del Cristianesimo si crea un parallelo. La giustizia originale, ovvero quella dove si trovava prima del compimento del peccato originale, non appartiene più all’uomo perché ora è posta esclusivamente nella volontà di Dio. Questo concetto diventa la base del Vangelo di Matteo, che descrive come il Salvatore sia venuto al mondo per ripristinare la via della giustizia e della salvezza, parole che ci ricordano sicuramente il “puer” di Virgilio.

Anche nella filosofia, il tema della giustizia è molto sentito. Socrate reputava la sua funzione essenziale, motivo per cui non si ribellò alla condanna a morte che gli inflissero gli ateniesi, dato che preferiva, in nome della giustizia, subire un’ingiustizia che commetterla a sua volta. Per Platone, meritevole alunno di Socrate, la giustizia è l’armonia dell’anima e della società e la chiave della felicità, al contrario della cattiveria che porta l’uomo all’infelicità. Invece Aristotele pensava che la giustizia fosse la giusta via di mezzo tra eccesso e difetto, una quantità che non è uguale per tutti, ma cambia a seconda della situazione in cui ci troviamo.

La giustizia diviene anche importante dal punto di vista etico per i crociati nel medioevo, che la interpretano come la difesa dei più deboli, e deve essere rispettata scrupolosamente. Vale lo stesso per i samurai giapponesi, che devono seguire il codice del Bushido, dove la giustizia, assieme all’onestà, rappresenta il primo principio.

Roma, Palazzo di Giustizia. Immagine di Sergio D’Afflitto, CC BY-SA 3.0 it, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16021795

Oggi sono organi dello stato come il Parlamento e la Magistratura a garantire la giustizia attraverso le leggi e il loro rispetto, garantendo processi che siano uguali per tutti, ovvero trattino tutti, senza badare a classi sociali e a differenze, secondo giustizia. Purtroppo, soprattutto oggi, è sempre più presente nel cuore delle persone quella che viene chiamate “giustizia personale” per cui per ottenere il rispetto di un diritto si usano metodi che non passano dai canali istituzionali pensando sempre più spesso che sia giusto solo quello che porta un guadagno personale e non universale come nel concetto vero e profondo di una Giustizia con la G maiuscola.

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