Gli alunni del Pertini al Festival “Thauma” con una rilettura di Medea

Quest’anno l’Università Cattolica del Sacro Cuore – CIT – Centro di Cultura e Iniziativa Teatrale “Marco Apollonio”, in collaborazione con Out of Chaos, con il Center for Hellenic Studies (Harvard University) e con l’Associazione Kerkis – Teatro antico in scena, ha proposto come soggetto della settima edizione del Festival THAUMA una delle tragedie più emblematiche di sempre, la Medea di Euripide. Tra i vari lavori presentanti alla competizione si annoverano due cortometraggi realizzati dagli studenti del IV E (link: https://youtu.be/afvBohG_krY) e del V E in collaborazione con un ex allievo dell’Istituto (link: https://youtu.be/5WYYbQ-iUvs); i due gruppi di ragazzi sono stati rispettivamente guidati dalle prof.sse Francesca D’Amico e Tina Coppola.

[Si riporta di seguito il testo dell’intervista sottoposta a Sara Calvo V E all’ex allievo del Pertini Luca Giordano, in conclusione della quale è stato inserito un commento al lavoro dei ragazzi di IV]

INTERVISTA

È forse Medea uno dei capolavori più universalmente noti della letteratura occidentale, e, allo stesso tempo, uno dei più singolari; questa donna, infatti, già protagonista insolita in quanto tale, lontana dalla propria terra e senza speranza è un paradigma che, come molti altri nel panorama letterario classico, ancora ci parla, facendo, tra l’altro, molto discutere di sé. A tal proposito si legge nella presentazione al lavoro realizzata dagli studenti di V: “la storia di Medea può essere la nostra storia e in essa ritroviamo stati d’animo ricorrenti negli ultimi mesi: prima di tutto il desiderio irrealizzabile che quanto ora accade non sia mai stato; quindi la volontà razionale di dominare il dolore che proviamo e di recuperare i nostri obiettivi; poi il disincanto per le promesse tradite, la sfiducia nei confronti della parola che inganna, la solitudine del diverso e del più fragile; infine, il recupero di quello che finora abbiamo fatto – perché, nonostante le difficoltà o forse proprio grazie ad esse, siamo cresciuti.”

Come emerge dalla vostra introduzione al lavoro, la Medea è un’ opera dal profilo alquanto moderno, specie in questo periodo. In merito all’attualità dei classici, si sono espressi già molti grandi letterati, la maggior parte dei quali condivide la tesi sostenuta da Calvino secondo cui “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”; per Medea, più che per molte altre opere, queste parole si sono giustamente dimostrate vere. Secondo voi, che avete lavorato approfonditamente con il dramma euripideo e che dovreste avere, ormai, un rapporto quasi “confidenziale” con esso,  perché ancora oggi bisogna leggere Medea?

L. Giordano: Senza eccessive dilungazioni, essendo stato l’argomento trattato da grandi letterari da te stesso citati, leggere e rileggere i classici e, in questo particolare, la Medea è fondamentale per conoscere sé stessi, o meglio, per arrivare ad approfondire, con la consapevolezza dell’impossibilità di una vera e propria conoscenza totalizzante, il nostro mondo, le immagini primitive del nostro inconscio collettivo. Rimanendo in ambito cinematografico – il cortometraggio realizzato per il Festival –, è lo stesso Paolini con le sue opere a rimarcare la necessità di un legame con il mondo classico: il film Medea ne è l’esempio lampante. Pasolini ne Le regole di un’illusione (a cura di Betti e Gulinucci, 1991) afferma: “Medea è l’eroina di un mondo sottoproletario , arcaico, religioso. Giasone è invece l’eroe di un mondo razionale, laico, moderno. E il loro amore rappresenta il conflitto tra questi due mondi.” Diviene dunque naturale legare questa citazione ad uno dei temi affrontati – fondamentali nell’opera euripidea – dal V E: il conflitto, la diversità, la solitudine.

S. Calvo: La Medea di Euripide è, infatti, una tragedia fortemente attuale. Essa mette in scena passioni e sentimenti propri di qualsiasi essere umano, indipendentemente dal periodo storico in cui si trova. È un’ opera universale, che affronta tematiche ancora oggi oggetto di discussione, quali la riflessione sulla condizione femminile e sul rapporto tra individuo e tutto ciò che da quest’ultimo viene percepito come straniero. Attraverso il personaggio di Medea, Euripide dà spazio a tutte quelle voci femminili che per molto tempo erano state messe a tacere, voci che denunciano condizioni di inferiorità rispetto agli uomini e atti discriminatori conseguenti al loro semplice essere donne.

Si tratta di una tragedia profondamente umana, in quanto vengono rappresentati personaggi comuni, privi della solita statura eroica, afflitti da dubbi, angosce e debolezze. E proprio grazie a quest’ultimo aspetto fruitori di ogni tempo e luogo possono facilmente immedesimarsi e sentirsi parte integrante della tragedia, divenendone in qualche modo protagonisti.

Sara Calvo in una scena del cortometraggio realizzato dai ragazzi di V
Sara Calvo in una scena del cortometraggio realizzato dai ragazzi di V E

Si denota nel cortometraggio che avete presentato un forte spirito di collaborazione, qualità necessaria per la realizzazione di ogni lavoro; è d’uopo constatare altresì che il periodo in cui avete lavorato insieme è risultato essere piuttosto complesso – tanto emotivamente quanto concretamente –, ma, nonostante i vari impedimenti, siete riusciti a portare a termine l’opera. Come è stato lavorare sinergicamente per la realizzazione del cortometraggio in simili circostanze e aver avuto la possibilità di rileggere collettivamente la Medea con una coscienza critica indubbiamente maturata?

S. Calvo: In tempi tanto difficili, che ci hanno inevitabilmente divisi fisicamente, la realizzazione del progetto ha costituito un motivo di unità. Lavorare sinergicamente dopo una lunga fase di isolamento didattico ci ha permesso di riscoprirci come classe. È stato necessario trovare un equilibrio che consentisse il rispetto delle idee di ciascuno di noi. Lavorare nuovamente in gruppo è stato, al contempo, difficile e stimolante e, sicuramente, ci ha arricchiti da un punto di vista umano.

Si è parlato del motivo per cui Medea risulta tuttora estremamente attuale e della collaborazione da parte di tutti voi a un così elaborato progetto; passiamo ora alla componente prettamente tecnica del cortometraggio. Tanto la parte audio quanto la grafica hanno contribuito a rendere il lavoro ancora più singolare: la sensazione di vedere ciò che potrebbe, effettivamente, contemplare o di ascoltare ciò che potrebbe udire una moderna Medea, “sola, priva di patria”, è piuttosto costante. In che modo siete riusciti a rendere una realtà lontana così vicina? Come, conseguentemente, avete lavorato?

S. Calvo: Innanzitutto, bisogna ringraziare Luca per averci aiutato con il montaggio del video da noi registrato. Insieme a lui abbiamo deciso che la modernità della nostra Medea sarebbe derivata dall’ambientazione: una videoconferenza su Google Classroom. Grazie a degli effetti grafici ben curati, siamo riusciti a riprodurre alcuni dei classici problemi che si possono verificare durante una videochiamata – problemi audiovisivi, interruzione, etc. Abbiamo scelto, inoltre, di far accompagnare il video in tutta la sua durata da una melodia di sottofondo che riproducesse quella drammaticità propria della tragedia e, contemporaneamente, richiamasse alla memoria i tempi degli antichi Greci.

L. Giordano: L’idea nata dal V E era, per l’appunto, quella di rendere la Medea il più attuale possibile nel vero senso del termine: trasporre l’eroina di un qualcosa di strettamente legato al proprio “piccolo” mondo – ciò che rende i classici eterni –, ovvero quello scolastico. Motivo per cui il cortometraggio è ambientato in una classe virtuale, una lezione a distanza – più conosciuta come DAD – che tutti, direttamente o indirettamente, hanno conosciuto in questi due anni complessi. Tramite il montaggio ritenevo, perciò, necessario mettere in luce i problemi scaturiti da questo nuovo “mostro”. Si pongono, dunque, in evidenza la difficoltà della comunicazione, la lontana vicinanza delle allieve, degli allievi e dei docenti. Attraverso musica, suoni, echi e colori cupi far risaltare l’horror vacui, il terrore del vuoto, dell’ignoto, dell’oscuro: elementi che destabilizzano l’animo umano. Ovvero far emerger le emozioni di chi ha vissuto e sta vivendo questa esperienza e quindi le paure, le insidie, la solitudine, etc.

Dal duo iniziale, stanco e ormai pienamente consapevole della tragedia che si è consumata, alla voce finale, che, pur riprendendo in una ringkomposition l’inizio, conclude in un luogo di gran lunga lontano rispetto a quello di partenza, quasi avesse già da tempo “recuperato ciò che ha fatto”, si intravedono i caratteri su cui ci siamo in precedenza soffermati. Giunti alla conclusione occorre domandarvi: siete riusciti a trovare, grazie a questa collaborazione, alla rilettura dell’opera, alla partecipazione collettiva al Festival e a tutto ciò che – suppongo – abbia reso magica questa esperienza, ciò che prima cercavate?     

S. Calvo: L’intento del progetto era quello di fondere passato e presente, mostrando la continuità tra due epoche tanto diversa, ma, al contempo, così simili, soprattutto in fatto di problematiche sociali. Abbiamo cercato di conferire modernità alla tragedia attraverso la dimensione digitale, senza, tuttavia, perdere contatti con l’antichità.

Scena finale del cortometraggio realizzato dai ragazzi di V
Scena finale del cortometraggio realizzato dai ragazzi di V

Uno dei pregi più evidenti e caratteristici del lavoro dei ragazzi è, certamente, il coinvolgimento affettivo che gli studenti hanno palesato nel filmato, sia per le scelte – personali – delle citazioni da riportare, sia per il tono, a tratti estremamente patetico, che hanno unanimemente assunto nella recitazione, a tal punto che risulta possibile ravvisare, da subito, le intenzioni preposte per la realizzazione del video: il desiderio irrealizzabile di cancellare il tragico passato – nel caso di noi tutti, riconosciuto nella pandemia – è rappresentato appieno dall’atmosfera confusa – quasi inconscia – d’inizio, la volontà di “rivendicare noi stessi per noi”, parafrasando Seneca, viene propriamente evidenziata inasprendo i toni iniziali, il tentativo di vedere la realtà come tale, senza veli, è evocata dagli sguardi disillusi e consapevoli degli studenti che recitano, e, infine, la pretesa – giusta quanto onorevole – di voler recuperare ciò che è stato fatto è, probabilmente, uno degli aspetti dell’intero lavoro che più inducono a riflettere.

COMMENTO AL CORTOMETRAGGIO DEL IV E

La rilettura in chiave moderna della celeberrima opera euripidea è stato l’elemento di congiunzione tra i due lavori realizzati per il Festival dagli studenti dell’Istituto. Si denotano, tuttavia, due modi operandi simili quanto diversi tra loro: è comune ad entrambi i lavori la volontà di riambientare la grande opera greca nell’era contemporanea, emergono, però, due approcci estremamente differenti, in quanto, mentre nel lavoro del V l’attenzione viene focalizzata sulla situazione attuale – post pandemia –, nel lavoro del IV si intravedono maggiormente le sensazioni tipicamente adolescenziali. È questa differenza uno degli aspetti più belli delle riletture: la diversità, la consapevolezza che un testo non è letto mai allo stesso modo, perché ognuno ha occhi e menti diverse, e, allo stesso tempo, la cognizione dell’universalità dei sentimenti – perché, di fatto, Medea ancora ci parla –, sono indubbiamente indice di una coscienza critica lodevole. Come sostengono molti studiosi, l’uomo è sempre lo stesso di base, ad evolversi è la sua coscienza; ciò è vero forse perché come dice Galimberti “i sentimenti non sono per natura, sono per cultura” e, quindi, andando avanti, creando, sperimentando, si scoprono nuove sensazioni e, così, nuovi punti di vista. Per tornare alle sensazioni tipicamente adolescenziali che abbondano nel cortometraggio del IV, si denota che i due aspetti più evidenti – proprio in relazione alla Medea di Euripide – sono il rapporto tra passione e ragione, dicotomia che, specie nell’adolescenza, è quasi sempre funesta; ed è forse proprio tra le ragionevoli scelte operate per la realizzazione del video e le appassionanti capacità di tutti coloro che hanno partecipato al cortometraggio che si colloca il lavoro.

Una scena del cortometraggio dei ragazzi di IV
Una scena del cortometraggio dei ragazzi di IV

Altrettanto interessanti e densi di spunti riflessivi sono gli obiettivi prefissati da parte degli studenti di IV: l’importanza di cui oggi gode la considerazione sociale e la stima degli altri è degenerata, la cosiddetta “società della prestazione” va sempre di più affermandosi, molte esperienze formativo stanno progressivamente divenendo performative; i disagi legati al consolidamento della struttura del “villaggio globale” – per i quali si fa propriamente menzione nel video al bullismo esercitato per via digitale – possono, con la collaborazione collettiva, essere, se non dimenticati, per lo meno attenuati; “far riflettere sul dolore e far provare empatia per le vittime” è sicuramente uno degli obiettivi più profondi del lavoro. Costanti sono, inoltre, le sensazioni – senza tempo – che animano l’intero cortometraggio: “so bene quanto male sto per fare, ma la passione domina sul mio animo”. Forse solo questa frase può riassumere veramente quello che doveva provare Medea e, probabilmente, in molti la capiscono…

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