Energia: il costo (umano) delle fonti fossili

Il drammatico conflitto che vede coinvolte Russia e Ucraina ha portato in primo piano il tema dell’approvvigionamento energetico in tutto l’Occidente, e in particolare negli stati dell’Unione Europea, carenti di fonti energetiche fossili e altamente dipendenti dalle forniture da Stati esteri, Russia soprattutto, per quanto riguarda il gas.

Fino ad oggi il tema delle forniture energetiche è stato trattato a livello mondiale, e anche nel nostro Paese, in modo molto pragmatico, accettando di intrattenere scambi commerciali con Paesi non democratici o illiberali. In Italia poi i legislatori hanno rinunciato ad una politica di indipendenza dalle forniture energetiche straniere per questioni di salvaguardia dell’ambiente, come nel caso dell’estrazione degli idrocarburi nei nostri mari, o del progetto del megagasdotto TAP, contrario ad un modello di sviluppo sostenibile, oppure nel caso della costruzione di rigassificatori, cioè impianti in grado di re-immettere nella rete italiana di distribuzione gas liquido reperibile sul mercato internazionale a prezzi bassi.

A questo si aggiunge il fatto che molte delle iniziative ecologiste a favore della produzione di energia “pulita” si sono dimostrate abbastanza insufficienti per il fabbisogno nazionale, e in aggiunta mal gestite, favorendo in alcuni casi l’infiltrazione della malavita nei business dell’eolico e del solare, attratti dal facile guadagno degli incentivi statali o europei. Per fare un quadro più completo della produzione di energia in Italia (fonte Wikipedia), il grafico mostra come la fetta principale di energia prodotta nel nostro Paese continua ad essere purtroppo combustione di fossili, un tipo di energia di cui attualmente non siamo ancora in grado di liberarci.

Riepilogo storico della produzione di energia in Italia dal 1900. Elaborazione da dati pubblicati da Terna. Fonte: Wikipedia

Tuttavia una significativa parte di energia pulita continua ad essere quella idroelettrica; infatti, data la particolare conformazione del nostro territorio, l’Italia nel Secondo dopoguerra si specializzò nella costruzione di centrali idroelettriche. Anche l’impatto dell’eolico e del fotovoltaico cresce negli ultimi anni, anche se a scapito dell’idroelettrico (molte vecchie centrali sono divenute ormai obsolete e dismesse). Va comunque considerato che la significativa parte del termoelettrico è ottenuta bruciando gas acquistato da Paesi esteri, Russia in primis.

Appurato dunque che la produzione energetica nazionale dipende ancora da combustibili, in larga parte stranieri, e che la produzione di energia “pulita”, molto auspicabile, presenta però un trend di crescita ancora lento, si conclude facilmente che il nostro Paese è fortemente esposto ai tagli delle importazioni di combustibili fossili stranieri.

Si auspica dunque che, oltre alla sigla di nuovi contratti di fornitura alternativi a quelli con la Russia (ma sempre con paesi a forti limitazioni democratiche), il futuro ci possa riservare innovazioni tecnologiche in grado di rendere quello dell’energia un problema lontano: in questo senso grandi speranze vengono riposte nella tecnologia della fusione nucleare, che però richiederà ancora almeno un paio di decenni prima poter essere utilizzabile in impianti di produzione reali, fuori da laboratorio. Nel frattempo rassegniamoci ad abbassare il termostato in inverno e spegnere i condizionatori in estate.

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