Voglio cominciare con una foto per raccontarvi, con sincerità, cosa significhi avere in famiglia una persona con sindrome di Down. Quali le difficoltà? Quali le conseguenze? Ma soprattutto, quali gli insegnamenti?

L’immagine illustra me insieme a mia zia, affetta dalla sindrome di Down. Lei si chiama Titti, ha 41 anni e un grave ritardo nella capacità cognitiva.
Mia nonna mi racconta che quando è nata lei ha sofferto molto. All’epoca, infatti, a differenza di adesso, non era possibile essere a conoscenza della disabilità di un figlio prima che nascesse: quindi, non appena ha saputo che sua figlia fosse affetta da trisomia 21, non è riuscita a controllare lo sconvolgimento e il dispiacere iniziali. Era molta infatti la paura per le conseguenze e per le opinioni degli altri.
Tuttavia, proprio quella bambina diversa e speciale ha aiutato mia nonna a capire che l’amore materno è più forte di tutto questo, e adesso non potrebbe vivere senza sua figlia. Sicuramente la disabilità di mia zia ha comportato delle difficoltà in più: di frequente mia nonna la accompagnava, quando era piccola, alle sedute di logopedia e psicomotricità, per migliorare la pronuncia delle parole e la capacità di coordinazione. Sedute che, tra l’altro, richiedevano un impegno anche dal punto di vista economico.
Mia zia cresceva, e per lei era giunto il momento di andare a scuola e di conoscere gli insegnanti. Questi, dal punto di vista umano, si sono rivelati molto affettuosi, accompagnandola e seguendola con entusiasmo durante le gite.
Diversa, però, era la situazione dal punto di vista didattico. Purtroppo i suoi maestri, probabilmente, non riuscivano a trovare l’approccio giusto da adottare nei suoi confronti. Ma a scuola non si conoscono solo gli insegnanti: si incontrano anche i compagni. Mia nonna era preoccupata che gli altri bambini potessero prenderla in giro. Invece, è successo tutto il contrario: erano amorevoli nei suoi confronti, tanto che ogni anno un suo compagno, in occasione della festa delle donne, le regalava sempre un mazzetto di mimose.
Tuttavia episodi di derisione non mancavano. Mia madre, la sorella di mia zia, si ricorda di un giorno in cui i suoi compagni di classe, vedendola, non hanno saputo trattenere le risate, per via del suo aspetto diverso dal normale. Nonostante mia mamma ci rimanesse male, capiva che il problema non era la disabilità della sorella, ma l’ignoranza dei compagni; e che non doveva essere lei a vergognarsi, ma loro.
Sguardi titubanti e perplessi ancora adesso cadono su mia zia. In effetti, purtroppo, l’ignoranza è sempre un grave problema. Quante volte abbiamo sentito dire come insulto “Sei un Down”? Troppe. D’altronde il rispetto nei confronti degli altri è uno degli aspetti più importanti. Ad insegnarmelo è stata proprio la disabilità di mia zia. Ebbene sì, mia zia mi ha regalato la lezione più importante di tutte, e non con le parole, ma con l’amore che mi dimostra sempre, in ogni suo abbraccio, in ogni sua carezza, in ogni suo sguardo.
Adesso lei vive con mia nonna e tutto va bene. Quando nonna non ci sarà più, io e la mia famiglia saremo felici di accoglierla con tutto l’amore che merita e che lei ci sa dare.
Un argomento attuale, che dovrebbe essere trattato spesso proprio per fare capire agli altri che chi si deve vergognare non sono le persone affette da una malattia o i loro familiari, ma chi guarda queste persone con disprezzo o paura….