Fine anni Settanta, metà Novanta. Negli Stati Uniti le cronache si occupano spesso di Theodore Kaczynski, il criminale che, per 18 anni, mise a segno diversi attentati tramite esplosivo, uccidendo 3 persone e ferendone 23. Prima di essere identificato veniva chiamato dall’FBI tramite la sigla di UNABOM, ossia University and Airline Bomber, poiché Kaczynski colpiva nelle Università e aveva cercato di compiere una strage su un aereo in volo.
Questo criminale giustificò i propri atti come tentativi di combattere contro quelli che lui considerava i pericoli del progresso tecnologico. L’episodio scatenante sembra risalire a quando Theodore sentì un uccello riprodurre il rumore dell’allarme di un’auto, invece di intonare una naturale melodia.
Ha scelto in modo mirato le sue vittime: membri del mondo accademico, docenti di discipline scientifiche, lavoratori delle compagnie aeree. Il metodo d’azione era sempre lo stesso: una bomba artigianale che Kaczynski spediva alla vittima prescelta. Questo modus operandi lo differenzia dagli altri serial killer, in quanto spedendo una bomba non si metteva mai in pericolo e non osservava il dolore dei feriti o morti.

TK, Theodore Kaczynski, è un ragazzo brillante che si laurea a soli 20 anni ad Harvard e nel 1967 diventa l’assistente del professore di matematica alla Berkeley, ma si licenzia poco dopo. Ormai disoccupato inizia la sua vita da eremita presso una baracca a Lincoln, in Montana, dove vive senza elettricità e sopravvive grazie alla caccia. Qui inizia a preparare i suoi ordigni esplosivi; il tutto nasce dall’odio verso il sistema, a seguito dei suoi studi sugli impatti della tecnologia sull’umanità.

Dopo aver spedito la dodicesima bomba, inizia a scrivere il suo Manifesto, intitolato “La società industriale e il suo futuro”. Nel 1995 scrive a diversi giornali chiedendo che venga pubblicato su ampia scala un documento sulla distruzione mondiale che avrebbe inviato lui stesso: in cambio promette di smettere con le bombe. Il manifesto viene pubblicato dal New York Times e dal Washington Post il 19 settembre dello stesso anno.
Il Manifesto apparentemente sembra basarsi sulla salvaguardia del pianeta e della specie umana, ma in realtà emerge l’odio di TK per le persone. Esordisce così: “La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state un disastro per la razza umana”, un pensiero in linea con il filosofo Ralph Waldo Emerson, che scrisse “La fine della razza umana consisterà nel perire a causa di un eccesso di civilizzazione”. Si scaglia atrocemente contro professori universitari, attivisti e femministe, ritenendoli schiacciati da un senso di buonismo e superiorità.
Il killer incita ad un ritorno dell’uomo ad uno stato primitivo, basato sul sostentamento tramite la caccia e l’allevamento e su un’organizzazione sociale divisa in piccole tribù. Secondo TK il progresso scientifico è nemico della razza umana, non solo perché rende l’uomo schiavo, ma soprattutto perché permette ai deboli di sopravvivere, grazie alla ricerca e alle cure mediche. Secondo lui tutto dovrebbe ruotare intorno alla legge del più adatto e alle leggi di natura. L’uomo dovrebbe rispettarne la purezza e rinunciare alla volontà di dominio su ciò che lo circonda.
Kaczynski viene arrestato il 3 aprile 1996 grazie a delle segnalazioni del fratello David e alle prove schiaccianti trovate nella baita. Durante il processo gli viene diagnosticata una tendenza schizofrenico-paranoide, che spiega il suo eccessivo rancore e le difficoltà nell’andare d’accordo con le altre persone, a causa di una necessità di essere autosufficienti.

La psiche di questo omicida viene ancora analizzata, dato che la sua freddezza durante gli interrogatori apparve sorprendente. Kaczynski arrivò a negare l’aiuto degli avvocati che stavano cercando di ottenere una diminuzione di pena per infermità mentale, sostenendo di essere sempre stato lucido.