La leggendaria fondazione di Roma

Oggi, 21 aprile, è il compleanno della nostra “città eterna”. 2776 anni fa, infatti,  questa stessa data nel 753 a.C. segna la leggendaria fondazione di Roma.
Le storie che accompagnano la costruzione dell'”Urbe” sono varie, quanto i miti che riguardano la sua stessa nascita.

Il viaggio di Enea

Come viene narrato nell’Eneide dal poeta latino Virgilio, la fondazione di Roma risale alla Guerra di Troia. Dopo l’inganno del famoso cavallo a opera di Ulisse, le truppe greche entrarono e incendiarono la “rocca sacra di Troia” – Odissea, libro I, verso 2 -. Nella confusione generale, riuscì a salvarsi l’eroe troiano Enea. Il figlio di Venere fuggì, portando sulle spalle il vecchio padre Anchise e per mano il piccolo figlio Anscanio Iulio. Nell’occasione, purtroppo, Enea perse la moglie Creusa, ma riuscì a conservare con sé la statua degli dei Penati, divinità legate al culto della famiglia e dello stato.

“Fuga di Enea da Troia” di Barocci (da Wikipedia)

Inizia così il viaggio che portò Enea a navigare per il mar Mediterraneo, affrontando duelli e a dolorosi addii – come dimenticare la storia d’amore con la regina cartaginese Didone -. Per ordine della dea Giunone e del volere del Fato, quindi, l’eroe troiano approdò, finalmente, nel Lazio. Nello specifico, Enea e Ascanio giunsero nel territorio di Laurento dal re Latino. Poiché, poi, Enea si innamorò della figlia del re, Lavinia, promessa in sposa, dovette sconfiggere il rivale in amore Turno, fondando la città di Lavinio.

La leggenda di Romolo e Remo

Trent’anni dopo, Ascanio decise di fondare la città di Alba Longa, portando con sé i Penati. È Tito Livio a riportare la narrazione di questa parte della fondazione di Roma. Il re Amulio, infatti, costrinse la nipote Rea Silvia a diventare vestale – professione romana secondo cui le fanciulle badavano al culto di Vesta, dea del focolare, con voto di castità -, in modo tale da non rischiare di perdere il trono. Il dio Marte, però, si innamorò della bella vestale e dalla loro unione nacquero due gemelli: i famosi Romolo e Remo.

Il re Amulio, però, condannò a morte i due neonati, affidando il compito a un servo, che, però, li risparmiò. Per questo motivo Romolo e Remo vennero abbandonati in una cesta sulla riva del fiume Tevere. La corrente del fiume cullò i due gemelli, conducendoli fino alla palude Velabro e posandoli sotto un fico nei pressi della grotta Lupercale. Se ne presero cura un picchio e una lupa – entrambi animali sacri a Marte – fino all’arrivo del pastore Faustolo, che li accudì insieme alla moglie Acca Larenzia. Forse ella stessa fu la “lupa” che allattò i gemelli, dato che così venivano chiamate le prostitute.

“Faustolo trova la lupa con i gemelli” di Rubens (da Wikipedia)

In seguito Romolo e Remo uccisero il re Amulio e decisero di fondare una propria città. Iniziarono, però, presto a litigare: Romolo, infatti, voleva chiamare la città Roma – dai loro stessi nomi – e costruirla sul Palatino; Remo, invece, voleva chiamarla Remora ed edificarla sull’Aventino. Il volo di alcuni avvoltoi segnò la soluzione della scelta. Questo accaduto, però, potrebbe essere un inganno, in quanto o Romolo non avrebbe visto alcun volatile o il volo sarebbe stato favorevole al fratello. Comunque sia la versione dei fatti, i due si affrontarono e Romolo vinse, diventando il primo re di Roma.

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