Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto

La storia di Monica e Giovanni non finisce su quella panchina a piazza Cavour dove li avevamo lasciati – durando “come un gatto in tangenziale” -, ma li porta a rincontrarsi, o meglio a scontrarsi, di nuovo.

L’arrivo in sala dopo la lunga attesa non delude affatto gli spettatori riunendo ancora una volta davanti agli schermi intere famiglie e appassionando diverse fasce d’età. Il ritorno di Paola Cortellesi e Antonio Albanese nei panni Monica e Giovanni ci regala un sequel interessante e divertente tanto quanto il successo antecedente. Sotto i panni della commedia il film di Riccardo Milani va a toccare delicatamente gli aspetti più fragili e deboli della nostra società, mettendo a nudo i problemi con i quali siamo costretti a convivere ogni giorno.

Il tema centrale, cioè il divario sociale, viene ripreso e la storia viene arricchita con nuove sfumature e personaggi. I due protagonisti, fondamentalmente i rappresentanti di due “fazioni” opposte, tornano a far riflettere sulle incomprensioni che intercorrono tra la “periferia”, snobbata e con problemi di primo ordine, e la borghesia che tenta di risolvere le complicazioni, ma che non conoscendo le vere difficoltà si cimenta in tentativi fallimentari.

Una trama “impicciata”

Agnese prosegue il suo percorso di studi a Londra dove incontra Alessio che lavora come lavapiatti in un pub. Nel mentre Monica finisce in carcere per lo “shopping compulsivo” delle gemelle ma, nonostante il fatto che nessuno creda al suo “Sò innocente”, lei lo è realmente. Per tirarsi fuori da questa spiacevole situazione prima del ritorno di suo figlio in Italia decide di rivolgersi a “quella specie di ministro”, cioè Giovanni. Quest’ultimo invece è alle prese con un progetto culturale green e interattivo nella periferia. Lo scopo dovrebbe esser quello di regalare uno spazio di incontro, ma il suo progetto si imbatterà in diversi imprevisti, tra cui il ritorno della romana di borgata nella vita dell’organizzatore.

Nel film vengono inseriti nuovi personaggi come Camilla, che riveste il ruolo della compagna snob di Giovanni; e don Davide (interpretato da Luca Argentero), un prete molto “pio” che, rimboccatosi le maniche, fornisce lui stesso supporto a chi ne necessita. La parrocchia di don Davide è un ambiente molto integrante e familiare: nel film ci vengono mostrate alcune iniziative (tra le quali la mensa allestita in chiesa) che hanno un valore non tanto religioso, quanto umanitario. La chiesa non è vista solo sotto questa luce: si riflette e si ride anche sulle credenze e sulle scaramanzie che riguardano le figure ecclesiastiche (è il caso di Don Vincenzo, di Suor Maria Catena e di Suor Forchetta).

Allo stesso tempo personaggi già presenti vengono rinnovati. È il caso di Sergio (interpretato da Claudio Amendola) e di Luce. Mentre il primo agisce da intermediario con la mafia locale, l’ex-compagna del “pensatore” risulta decisamente cambiata e questa volta è in prima linea per aiutare il prossimo.

C’è poco da ridere

Come già indicato il tema centrale è lo stesso del primo capitolo: il divario sociale e le incomprensioni fra le due classi rappresentate. Tuttavia la commedia non risulta affatto ridondante, ma al contrario vengono forniti nuovi spunti di riflessione grazie a situazioni decisamente inattese.

Ampio spazio in questo film è riservato all’arte: il settore culturale viene proposto non solo come un punto di ripartenza per l’economia, ma anche come fonte di riscatto per le persone. Possiamo cogliere un chiaro invito a scoprire e a riscoprire da diverse prospettive l’arte. Un appello a non dare per scontato le cose meravigliose dalle quali siamo circondati. Il giro per Roma dei due protagonisti e la finale veduta panoramica da Castel Sant’Angelo sembra sussurrarci all’orecchio: “Apri gli occhi ed osserva le bellezze che possiedi!”.

Infine, a livello tematico sono presenti diversi motivi: la violenza sulle donne, l’integrazione, i pregiudizi, l’ignoranza, l’amore e l’inquinamento.

Riflessioni e riferimenti

Ritorno a coccia di morto è una commedia singolare, genuina e stimolante in tutta la sua semplicità. Una pellicola dal potenziale notevole, un ottimo mezzo per arrivare allo spettatore. Il film parla di tutti noi: le tradizioni, il cibo e soprattutto il nostro modo di parlare. Guai a chi ci tocca questi aspetti: l’italiano è molto legato alla sua identità, ma con questo film viene messo davanti a delle realtà che abitualmente vengono nascoste e dopo la visione esce dalla sala più consapevole (o almeno si spera).

È un film che oltre a parlare alle persone, parla delle persone: valorizza la nostra identità individuale e collettiva, invitando esplicitamente a smettere di considerare numeri e dati, e a ricordare che siamo singoli individui, ognuno con le proprie necessità.

Infine, non si possono non menzionare gli apprezzabili riferimenti che Riccardo Milani fa al personaggio di Morte presente in Il settimo sigillo; e l’analogia tra le gemelle del suo film e quelle del film Shining.  Grazie alla ripresa di alcune scene tratte da un noto film di Monica Vitti viene espresso un grandioso omaggio verso lo storico cinema italiano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.