Un libro per capire quando parliamo come Dante

Parla come Dante, di Dario Pisano, è un volume pubblicato nel 2021, nell’anno del sesto centenario della morte del sommo poeta. Solo che Dante non è mai morto veramente, come spiega l’autore durante la presentazione che si è svolta alla Biblioteca “Peppino Impastato” il 22 febbraio.

Non è morto davvero per una serie di ragioni, scopriremo durante l’incontro. Intanto perché come tutti i grandi artisti si è reso immortale grazie alle sue opere. Questo lo riconosce lui stesso quando, nella Commedia, incontra il suo maestro Brunetto Latini e lo ringrazia dei suoi insegnamenti poiché grazie a essi è riuscito a rendersi immortale. Del resto quello di avere come fine della vita quello di lasciare una traccia è uno dei topos maggiormente ricorrenti nella storia della letteratura:basti pensare a Foscolo, con Dei sepolcri, a Eugenio Montale, o a Wisława Szymborska, che scrive: “Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale. La morte è sempre in ritardo di quell’attimo”.

Dunque, anche Dante riprende questo tema. Ma a proposito dell’immortalità di Dante c’è un’altra ragione, su cui si sofferma Dario Pisano: come questo autore sia riuscito a legarsi alla nostra vita quotidiana senza neanche farcene rendere conto. Infatti il libro evidenzia gli innumerevoli modi di dire che utilizziamo quotidianamente, inconsapevoli del fatto che sia stato proprio Dante a coniarli.

Citare Dante inconsapevolmente, afferma Dario Pisano, è sintomo della sua grandezza letteraria, perché la grande letteratura tende a smarrire la firma, ad anonimizzarsi. Tra le citazioni Dantesche più utilizzate troviamo: “senza infamia e senza lode”; “far tremar le vene e i polsi”; “colui che la difese a viso aperto” ; “non ragioniam di loro, ma guarda e passa” e numerose altre che vengono analizzate e spiegate nell’opera del professor Pisano.

Un momento della presentazione: Chiara D’Arpa, della Biblioteca comunale, insieme a Dario Pisano

Comprensibilmente, la maggior parte di queste provengono dall’Inferno della Commedia, poiché è la cantica che ci ha colpito di più. E poi c’è un altro elemento che riconduce all’immportalità di Dante, quello che Pisano definisce il “virus letterario”, di Dante, visto che il ghibellin fuggiasco continua a diffondersi e ispirare innumerevoli opere e autori. Basti pensare ai tanti stranieri che nel Novecento hanno imparato l’italiano pur di leggere la Commedia in lingua originale. Un esempio è Jorge Luis Borges, maestro della letteratura argentina, che dedicò a Dante tutta la vita, definendolo come “la stella più brillante del firmamento poetico”, oltre ad affermare che “la Commedia è un libro che tutti dobbiamo leggere. Non farlo significa privarci del dono più grande che la letteratura può offrirci. Significa condannarsi a uno strano ascetismo”.

Nel libro l’autore vuole umanizzare questo Dante, deidealizzandolo. Lo fa raccontando aneddoti sulla sua vita e mettendo in mostra anche il suo carattere scorbutico, così da renderci conto che non si tratta di una figura mistica ed evanescente, bensì di un essere umano. Un aneddoto molto celebre vede Dante a passeggio per la città, che sente da una bottega la voce di udn fabbro declamare i versi dell’Inferno in maniera errata. Dunque Dante decide di entrare nella bottega e rovesciare in terra tutto quello su cui stesse lavorando il fabbro, affermando che così come lui rovina la sua arte mal recitando le parole della sua opera, così fa lui con le sue creazioni lanciandole in terra. E questo è solo uno dei celebri aneddoti su Dante che vengono raccontati nel libro.

Pisano conclude rivelando che Dante “aumenta le difese immunitarie dell’anima”, mettendo in luce come diversi autori abbiano trovato nella lettura delle opere di Dante un faro di salvezza: Primo Levi, che nel lager tentava di ricordare a memoria i versi della Commedia per rimanere ancorato a quell’umanità che tentavano di sottrargli, e Ungaretti che, in guerra, scrive: “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, ispirandosi proprio a Dante.  

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