Intelligenza artificiale: cos’è, cosa può diventare

Sull’intelligenza artificiale si è detto di tutto. È spuntata anche la (falsa) notizia di una  “rivolta” da parte di un robot con un software basato sull’AI. In realtà l’intelligenza artificiale ad oggi non ha maturato una coscienza di sé; inoltre non esiste ancora un unico software in grado di avere accesso a tutti i tipi di informazione per ogni necessità. Esistono invece solo software specifici per specifiche esigenze. Le principali preoccupazioni derivano dal fatto che, nonostante esistano già i software, non vi siano ancora regolamenti specifici per per il loro utilizzo, principalmente sul versante della protezione della privacy. Ad oggi l’intelligenza artificiale non possiede una vera e propria definizione universale, ma varia a seconda del contesto cui ci si riferisce.

Il primo a parlare di intelligenza artificiale fu Alan Turing, un matematico britannico, che iniziò a chiedersi se le macchine potessero sviluppare un proprio pensiero indipendente.

Alan Turing

Successivamente a Turing numerosi studiosi si sono interessati a questo tema, tra i quali John McCarthy, uno che nel 2007 descrisse l’intelligenza artificiale come “la scienza e l’ingegneria per creare macchine intelligenti, in particolare programmi intelligenti per il computer. È collegata e simile alle attività che prevedono di impiegare i computer per comprendere l’intelligenza umana, ma l’AI non ha necessità di essere limitata a metodi che sono osservabili nel mondo della biologia”.

Anche questa però è una definizione piuttosto vaga, proprio perché la disciplina stessa che prevede lo studio dell’IA non è ancora definita. Un computer “intelligente” è difficile da ideare, anche perché non sappiamo ancora come funziona la nostra, di intelligenza, ovvero come riceviamo gli stimoli dal mondo esterno, come li elaboriamo e in generale come funziona la nostra mente.

Alcuni vedono l’intelligenza artificiale come un tentativo di “umanizzare” dei robot, ovvero ispirandosi ad un approccio umano ideare creature simili a noi. Altri la vedono come un modo per riprodurre la mente umana e addirittura perfezionarla, ovvero facendo sì che riesca a percorrere percorsi razionali e logici che a noi sono preclusi. Elaborare quindi un’“intelligenza superiore”. Quella che si sta delineando è una scienza ancora vaga, ma che si svilupperà rapidamente nei prossimi anni. La diffusione di internet e le numerosi informazioni in rete , in continuo aggiornamento, rappresentano una banca dati di cui l’intelligenza artificiale si “ciba” per autoimparare e migliorarsi continuamente.

È bene però operare una distinzione tra AI “generale” e “ristretta”. L’AI generale è quella narrata nei libri e nei film di fantascienza. È un sistema che ha ormai sviluppato una propria coscienza, in grado di pensare autonomamente, paragonabile alla mente se non addirittura superiore ad essa. Che, inoltre, ha accesso a tutti i tipi di informazioni e che perciò è in grado di fornire le più svariate soluzioni. Per molti questa tipologia di AI rappresenta ciò a cui si aspira, ma ad oggi è solo un’utopia irraggiungibile.

L’AI ristretta, invece, come suggerisce il nome stesso, ha una visuale meno ampia sull’uso che si potrà farne quando questa sarà propriamente sviluppata. L’attività di essa è concentrata su un campo specifico e non ha accesso contemporaneamente a tutte le informazioni di cui necessita, similmente a come i software moderni già operano. Tuttavia si differenzia da quest’ultimi per la sua complessità. Ad oggi già esistono modelli di AI ristretta, che utilizziamo quotidianamente senza rendercene conto: un esempio è Google Lens.

Data la nebbia che avvolge questa branca nascente della scienza, non tutti concordano su cosa possa essere definito unicamente AI ristretta e non semplicemente una prima versione, per quanto rudimentale, di AI generale. ChatGPT è al momento il software più vicino all’AI che sia mai stato programmato. Nonostante ciò, è ben lontano dagli ideali che si prospettano per essa. Comunque, la programmazione di ChatGPT è stata fondamentale perché ha permesso di comprendere quali potranno essere rischi e difficoltà implicati dall’uso dell’intelligenza artificiale e tutte le regolamentazioni d’uso che andranno perciò sviluppate in relazione a questo.

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