La musica è una parte essenziale della nostra vita ma non solo come colonna sonora. Può aiutarci a stare meglio. È scientificamente provato che l’ascolto e l’esecuzione di suoni e melodie agisce sugli stati d’animo e sulle emozioni. La musicoterapia, basata sull’uso della musica come strumento educativo, riabilitativo e terapeutico, utilizza tali pratiche come terapia complementare per la cura di patologie prettamente neurologiche e psicologiche. L’esperienza musicale può influenzare molteplici ambiti: le funzioni cognitive, le capacità motorie, lo sviluppo emozionale, le abilità sociali e la qualità di vita di un paziente. Quest’ultima può persino accompagnare una gravidanza, ma anche essere utilizzata nell’insegnamento scolastico per scopi psicopedagogici, o in terapie in reparti di medicina oncologica, palliativa e geriatrica.
Potremmo pensare che l’uso terapeutico della musica sia una pratica del tutto moderna, ma in realtà la musicoterapia si sviluppa a partire dall’inizio del XVIII secolo grazie al medico musicista londinese Richard Brocklesby. I primi esperimenti in Italia furono eseguiti ad Anversa dal 1843 grazie a Biagio Gioacchino Miraglia.
La musicoterapia è una forma di comunicazione: permette di esprimere artisticamente pensieri, vissuti, emozioni, sensazioni che la musica suscita in noi e che non siamo in grado di esprimere a parole. L’arte non può essere insegnata e in questo caso viene creata spontaneamente. La musica diventa infatti una terapia nel momento in cui vi è un incontro con l’altro, che ci permette di dar vita a quella che è la nostra identità sonora, definita nel campo come ISO. Ognuno dunque ha una propria ISO, come fosse una biografia, una sorta di memoria di eventi, persone, emozioni, profumi e voci. E’ l’insieme di tutti quei suoni che noi colleghiamo a ricordi. Il terapeuta comunica col paziente proprio attraverso la musica, essa è infatti il mezzo che permette a questi ultimi di condividere la propria storia e le proprie emozioni.
Curare con la musicoterapia non richiede conoscenze solo in ambito musicale. Un musicoterapeuta deve avere competenze psicopedagogiche e riabilitative oltre a quelle musicali. Queste terapie, non portano benefici solo grazie alla musica. Come ogni terapia di carattere psicologico, il malessere e le ricerca di se stessi richiede un percorso che deve essere affrontato con la giusta emotività e con le giuste competenze di un esperto. Questa disciplina può essere associata con successo alle terapie psichiatriche: il canto e l’ascolto possono ridurre ad esempio i sintomi della schizofrenia e controllare gli stati di agitazione associati alle demenze. Ciò permette sicuramente di migliorare la vita dei pazienti. Alcuni risultati scientifici indicano inoltre che la musicoterapia è in grado di aiutare i bambini con disturbi autistici, migliorando le loro abilità comunicative riguardo l’interazione sociale.
La musica però, può anche essere utile nelle patologie che causano l’emarginazione, come l’amnesia o l’afasia, consentendo al paziente di esprimersi e dunque “parlare attraverso la musica”. Quest’ultima viene inoltre utilizzata per la cura di malattie come l’ictus, per favorire una riabilitazione neurologica, ma anche per malattie cardiache e polmonari, agendo sui livelli d’ansia dei pazienti che ne soffrono. La musicoterapia è anche in grado di attenuare gli stati d’ansia e la percezione del dolore in coloro che sono in attesa di cure mediche e di interventi chirurgici.
La musica è un mezzo comunicativo piacevole. È libera espressione e condivisione, ci permette di relazionarci con gli altri e far conoscere il mondo di emozioni che abbiamo dentro. È in grado di parlare per noi, esprimendo ciò che a parole non siamo in grado di dire. La musica può essere una terapia per tutti, poiché parte essenziale della nostra quotidianità.