Troppe proteste, legge anti-aborto rinviata in Polonia

Il 22 ottobre 2020 il Tribunale costituzionale polacco ha reso illegale l’interruzione di gravidanza persino in caso di malformazione del feto, consentendo la pratica solo in caso di stupro, incesto o minacce alla vita della madre. Tuttavia, il governo non ha mai pubblicato la sentenza in Gazzetta ufficiale, nonostante avesse annunciato di farlo il 2 novembre, a seguito delle proteste che hanno coinvolto centinaia di migliaia di cittadini di ogni categoria.

Il Governo, guidato dalla destra del premier Mateusz Morawiecki e del leader storico Jarosław Kaczyński, ha deciso di rinviare la traduzione in legge della sentenza della Corte costituzionale per uscire diplomaticamente dall’inaspettato tumulto generato dalle proteste. La spiegazione del ritardo, data dal portavoce del Governo Michał Dworczyk, è stata: «Il Governo sta analizzando alternative».

Le manifestazioni hanno visto la discesa in piazza non solo del movimento “Strajk Kobiet” (sciopero delle donne), ma anche di molti uomini, giovani Le proteste sono arrivate soprattutto da una parte dei conservatori, vicini ai sovranisti e alla Chiesa cattolica rigidamente antiabortista, come agricoltori, tassisti, alcuni poliziotti. Il Governo, sorpreso, non si aspettava una simile resistenza.

Anche l’Ue si è mostrata contraria alla legge, con l’ammonizione della presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen, e della cancelliera tedesca Angela Merkel, le quali avevano subito chiarito che «nella Ue, sui diritti delle donne non si torna indietro».

Questa deve essere considerata, oltre che per le donne, una vittoria per l’umanità intera. Finché alle donne sarà negato il diritto di decidere sul proprio corpo, anche in un solo Paese, saranno lesi gli stessi diritti umani che, in quanto universali, riguardano tutti noi. Per questo motivo, ciò che è successo in Polonia deve essere un monito nei confronti di movimenti eccessivamente estremisti o fazioni politiche che mascherano con la morale e la religione vere e proprie discriminazioni e violazioni dei diritti. C’è da imparare dalle proteste pacifiche in Polonia, che hanno avuto la meglio, perché ciascun popolo, pacificamente, ha il dovere di far sentire la propria voce quando il Governo lo priva dei diritti.

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