Lettera a Pier Paolo Pasolini

Caro Pier Paolo,

perdonami se mi rivolgo a te, trascurando gli onori e le formalità che si devono ad autorità del tuo livello. Perdonami sì, ma t’ho sempre immaginato come un Maestro greco – forse perché dei Greci avevi la tragicità e la consapevolezza – da rispettare e ammirare nei fatti più che nelle parole. E perdonami anche se, scrivendoti, parlerò per lo più con l’idea che ho di te, dimenticando vizi e colpe, giacché prima che peccatore, tu eri, per pietà, uomo di Dio, del tuo Dio: la Bellezza. E, come m’insegni, tutto si perdona alla Bellezza.

Scrivo questa lettera, perché ho la necessità impellente di confessarmi; la scrivo a te, perché solo te posso accettare come confessore. E lo faccio, per ricercare – spero, ritrovare almeno in parte – la luce, che, come quella d’una lucciola, con te s’è spenta.

Confesso: ti scrivo per brutalità.

Confesso: ti scrivo per incertezza.

Confesso: ti scrivo per apatia.

A scrivere l’ultima confessione più delle altre mi tremano i polsi. Sono questi i peccati – e solo i primi a cui ho pensato – che macchiano di petrolio le coscienze delle persone oggi e che tu avevi già annunziato nel prologo della moderna tragedia dello sviluppo senza il progresso. E tutto questo mi tormenta: sapere che, in “tempi utili”, si sapeva, ma non si faceva nulla. Mi tormenta sì, ma non quanto quello che è oggi: si crede di sapere e si vive per inerzia. Ma cosa manca? O meglio, di Te cosa manca? Il Poeta? Lo Scrittore? Il Regista? O forse, prima ancora, manca l’onestà? È facile piangere la perdita degli intellettuali, difficile è preservare la coscienza intellettuale: domandare anziché rispondere, dubitare anziché rassegnarsi… Che succederebbe, ti chiedo, che succederebbe se anziché accettare passivamente e produrre lamentele sterili, si cercasse di capire la verità? Che poi verità, come hai sempre insegnato, è una parola difficile, da usare solo se i sinonimi dell’imprescindibile Dizionario approvato dalla comune Eticità di Coloro che Tutto sanno non si prestano alla scorrevolezza del dettato; e solo allora è possibile ricorrere a parole come queste, senza incappare in ricatti morali… E proprio in momenti come questi, penso:

“Torna, Pier Paolo. Riporta l’onestà, ma riporta anche i sentimenti.”

Manca onestà, prima ancora che acutezza, per capire – leggi riconoscere – che il potere oggi è come l’avevi descritto tu: fluido e decentrato; con molti nomi, con molte facce, pochissime umane. Ogni declinazione di questa deriva dei valori si afferma sempre di più come alibi dell’impotenza decisionale moderna: Chi sceglie cosa? Cosa sceglie chi?

Mancano sentimenti, prima ancora che mezzi, per opporsi: e si continua a tollerare una società senza identità, anonima non per eccesso di carattere, ma per difetto…

Rileggendo quello che ho scritto finora, mi rendo conto di quale sia la vera – profonda – domanda che voglio farti – o forse confessarti: come si può dare valore a ciò che è insignificante? Ti chiedo di considerare solo, indipendentemente dalla mia immatura età, dalla mia inesperienza e dalla mia ignoranza, il senso più profondo di quello che ti domando. E aggiungo, dopo che avrai risposto: ne vale la pena?

Spero di non sembrarti troppo sognatore se ti chiedo di accendere una lucciola, leggendo queste parole, per noi.

Con affettuosa e riverente ammirazione,

un tuo lettore

.

Foto di copertina: Monika da Pixabay 

Un commento su “Lettera a Pier Paolo Pasolini”

  1. Silvia ha scritto:

    Simone caro ho bevuto le tue parole, così intense e appassionate, che mi hanno commosso. Il Maestro Pier Paolo fratello e padre sarà orgoglioso che, nonostante i disastri del consumismo, la grandezza e la bellezza non moriranno mai.
    Grazie di esistere
    Silvia

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